Trattamento contributivo dell’indennità di trasferta. Il chiarimento delle S.U.

27 Novembre, 2017   |  

Promosso il recente intervento retroattivo del Legislatore

La Suprema Corte si è pronunciata a Sezioni Unite riguardo al regime contributivo applicabile alle indennità corrisposte dal datore di lavoro ai dipendenti che prestano la loro opera al di fuori della sede dell’impresa, alla luce dello ius superveniens rappresentato dall’art. 7 quinquies del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (conv. dalla L. 1/12/2016, n. 225).

Con la Sentenza n. 27093 del 15/11/2017, il Collegio esteso ha ritenuto perfettamente lecito l’intervento retroattivo del Legislatore – volto a risolvere l’annoso contenzioso in materia – e ha chiarito il senso dell’espressione “anche se corrisposta con carattere di continuità”presente nell’art. 51, comma 6, del TUIR.

Il caso – La questione sottoposta alle Sezioni Unite nasce dal ricorso di un imprenditore, esercente attività di lavori di impiantistica in cantieri itineranti, che ha corrisposto ai propri dipendenti, nei giorni di presenza e di svolgimento di attività al di fuori del Comune dove ha sede la Ditta, un’indennità di trasferta non eccedente i limiti di cui all’art. 48 (ora art. 51), comma 5, del TUIR.

La suddetta indennità non è stata corrisposta quando i lavoratori svolgevano mansioni di preistallaggio presso la sede della Ditta, oppure attività presso terzi all’interno del Comune dove la stessa Ditta ha sede.

La Corte d’Appello di Torino ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 51, comma 6, del TUIR e quindi ha stabilito che i contributi dovuti sull’indennità corrisposta ai dipendenti dovessero essere commisurati al 50% del valore dell’indennità.

Le Sezioni Unite, decidendo la causa nel merito, hanno annullato senza rinvio la sentenza della Corte torinese alla luce dello ius superveniens.

Secondo l’articolo 7 quinquies del D.L. 193/2016, norma di interpretazione autentica, per l’applicazione dell’articolo 51, comma 6, del TUIR, devono sussistere le seguenti tre condizioni:
la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro (elemento formale);
lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente (elemento sostanziale);
la corresponsione al dipendente in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi di un’indennità o maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta (elemento retributivo).

In caso di mancata contestuale esistenza delle tre condizioni di cui sopra, è riconosciuto il trattamento per le indennità di trasferta di cui all’articolo 51, comma 5, del TUIR.

Nel caso specifico, secondo il Giudice di merito, le somme erogate a titolo di indennità di trasferta si sarebbero dovute inquadrare come trasferte abituali di cui al comma 6, articolo 51, e pertanto imponibili al 50% ai fini fiscali e previdenziali.

Secondo le Sezioni Unite, invece, visto che la Ditta ricorrente non ha corrisposto l’indennità in misura fissa e i lavoratori hanno svolto mansioni di preinstallaggio presso la sede della Ditta, nonché presso terzi nello stesso Comune della sede dell’impresa, il ragionamento decisionale della sentenza impugnata non è corretto, mancando due dei tre elementi richiesti dall’articolo 51, comma 6, del TUIR, nel testo risultante dall’art. 7 quinquiescit.

Pertanto nella fattispecie è possibile applicare la disciplina delle trasferte occasionali di cui all’articolo 51, comma 5, TUIR.



Fonte : Fiscal Focus