Bonus Sud per gli anni 2019 e 2020: quale è lo stato dell’arte? [E.Massi]

28 Gennaio, 2019   |  

La manovra conferma il bonus per le assunzioni al Sud per le annualità 2019 e 2020, Le agevolazioni sono concesse nel limite complessivo di 500 milioni di euro per ciascun anno

L’art. 1, comma 247 della legge n. 145/2018 ha prorogato alle assunzioni effettuate nel corso del 2019 e del 2020 il c.d. “Bonus Sud” già in vigore nello scorso anno per effetto della legge n. 205/2017.
Ma, di cosa si tratta e, soprattutto, chi sono i soggetti destinatari?
Il Legislatore ha affermato che i programmi operativi nazionali (PON) e regionali ed i programmi operativi complementari (POC) possono prevedere, nei limiti di 500 milioni di euro per ognuno dei due anni, obiettivi specifici, nel rispetto della normativa europea, iniziative incentivare finalizzate a favorire l’occupazione in determinate aree del nostro Centro Sud.

L’agevolazione riguarda tutti i datori di lavoro privati (quasi sicuramente, se il Decreto Direttoriale ANPAL, propedeutico alla effettiva operatività dell’incentivo resterà, sul punto, uguale a quello emanato lo scorso anno e che porta il n. 2, si avrà  l’esclusione di quelli domestici e del rapporto di lavoro intermittente) che assumeranno, con contratto a tempo indeterminato, anche a tempo  parziale, o con contratto di apprendistato professionalizzante, nel corso dei prossimi due anni, soggetti che non abbiano compiuto i 35 anni (ossia che, al momento della effettiva instaurazione del rapporto non abbiano superato la soglia dei 34 anni e 364 giorni) o, se di età superiore, che risultino privi di un lavoro regolarmente retribuito da almeno sei mesi. Il requisito specifico previsto per tale ultima categoria di lavoratori è, come è noto, di origine comunitaria (Regolamento CE n. 800/2008) ed è stato ripreso nel nostro ordinamento, già da un D.M. del Ministro del Lavoro del 20 marzo 2013, poi sostituito dal D.M. 17 ottobre 2017.

Gli “over 35” sono considerati lavoratori svantaggiati se negli ultimi sei mesi non hanno prestato attività lavorativa riconducibile a un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi o se, nello stesso periodo, hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale sia derivato un reddito che corrisponde ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ex art. 13 del D.P.R. n. 917/1986. Come ebbe a dire la circolare INPS n. 49/2018, focalizzando la questione, non ci si riferisce alla regolarità del rapporto di lavoro subordinato ma alla sua durata o per il lavoro autonomo o parasubordinato al limite reddituale di 4.800 euro.
Le agevolazioni di cui sto parlando riguardano le cooperative di produzione e lavoro che, dopo il vincolo associativo, stipulino con i lavoratori interessati contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001.

Le unità produttive dei datori di lavoro che effettuano le assunzioni debbono essere ubicate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia (Regioni definite “meno sviluppate”), Abruzzo, Molise e Sardegna (Regioni “in transizione”), non incidendo sul “bonus” sia la sede legale dell’impresa che il luogo di residenza del lavoratore interessato, i quali possono ben essere fuori da tali territori.

Il beneficio, sottoforma di sgravio contributivo, per i lavoratori che saranno assunti secondo le previsioni contenute nell’art. 1 –bis del D.L. n. 87/2018 convertito, con modificazioni, nella legge n. 96  raggiunge il limite massimo, nei dodici mesi di riferimento dell’agevolazione, che è rappresentato dal tetto degli 8.060 euro, già in essere con la legge n. 190/2014 ed è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti da altre disposizioni, limitatamente al periodo di applicazione (un anno dalla assunzione). Qualora l’assunzione avvenga a tempo parziale il beneficio subirà una riduzione “pro-quota”. Se, dopo la costituzione del rapporto di lavoro il dipendente viene trasferito presso un’altra unità produttiva ubicata “fuori” dalle Regioni sopra citate, l’agevolazione non spetta a partire dal mese successivo a quello nel quale è avvenuto il trasferimento.

La soglia massima di esonero della contribuzione datoriale riferita al periodo di paga mensile, applicando i criteri già forniti dall’Istituto con la circolare n. 49/2018, è pari a 671,66 euro mentre, per i rapporti instaurati o risolti durante il mese, la soglia massima va riproporzionata sulla base di 21,66 euro (euro 671,66/31) per ogni giorno di fruizione.

Il riferimento che il Legislatore ha fatto circa la cumulabilità potrebbe (ma il condizionale è d’obbligo per una serie di motivi, non ultimo quello che discende dal fatto che, ancora, non è stato emanato il relativo provvedimento) sommarsi a quello che spetterà al datore di lavoro per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori provenienti dal “mondo del reddito di cittadinanza”: personalmente (ma è una mia opinione) non si dovrebbe parlare di cumulo, se si attuerà quanto previsto lo scorso anno dal Decreto Direttoriale ANPAL n. 2 che limitava la cumulabilità al solo incentivo scaturente dai commi 100 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 205/2017. Ma, su questo argomento ci sarà tempo e modo per tornarci, atteso che l’eventuale decisione in merito spetterà agli organi decisionali del nostro ordinamento.

Per quel che riguarda il cumulo tra la agevolazione ex art. 1-bis della legge n. 96 e quella che sarà prevista dal Decreto Direttoriale, tenendo presente che il tetto massimo è rappresentato dagli 8.060 euro annui, parametrati mensilmente, si può pensare (ma questa è una incombenza che, giustamente, spetta all’INPS di dirimere, cosa che l’Istituto, ha egregiamente, svolto lo scorso anno) che il Bonus Sud si faccia carico per un massimo di 5.060 euro e il beneficio ex art. 1-bis dei residui 3.000.
Va, a mio avviso, da subito chiarito che, ai fini del cumulo tra “Bonus Sud “ e incentivo ex art. 1, commi 100 e seguenti della legge n. 205/2017 e ora (per i soggetti compresi tra i 30 ed i 35 anni) dall’art. 1-bis del D.L. n. 87/2018 è necessario che i lavoratori non abbiano avuto un precedente rapporto di lavoro a tempo indeterminato, requisito, quest’ultimo, che non è essenziale ai fini del “godimento” del “solo” beneficio “SUD” rinnovato dal comma 247. Questa situazione potrebbe comportare una diversificazione notevole relativa alle agevolazioni fruibili che può, così, sintetizzarsi:

  • Per il datore di lavoro che assume un giovane di età compresa tra i 16 ed i 29 anni e 364 giorni che non ha mai lavorato a tempo indeterminato (e, sul punto, a meno che, non vi siano indirizzi amministrativi diversi, vale quanto affermato dall’Istituto con la circolare n. 40/2018) e che non ha superato la soglia dei 29 anni e 364 giorni c’è la possibilità di cumulo fino ad un massimo di 8.060 per i primi dodici mesi sulla quota contributiva a suo carico (con esclusione dei premi INAIL e di altra contribuzione “minore” già ben identificata dall’INPS), con fruizione per i due anni successivi di una somma pari al 50% della quota contributiva datoriale con un massimo di 3.000 euro all’anno.;
  • Per il datore di lavoro che assume un giovane di età compresa tra i 30 e i 34 anni e 364 giorni e che non ha mai lavorato vale lo stesso discorso fatto sub a): tuttavia, debbo precisare che, al momento (questa riflessione è scritta il giorno 20 gennaio 2019), non essendo stato emanato il D.M. “concertato” tra Lavoro ed Economia richiesto dal comma 3 dell’art. 1-bis che deve individuare le modalità di fruizione del beneficio, non appare possibile indicare, con certezza, la procedura di cumulo;
  • Per il datore di lavoro che assume sia un giovane disoccupato che ha avuto precedenti rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato o che ha compiuto i 35 anni e risulta essere lavoratore svantaggiato, il tetto massimo fruibile è rappresentato dagli 8.060 euro per dodici mesi;
  • Per il datore di lavoro che assumerà con la tipologia dell’apprendistato professionalizzante (lo scorso anno furono, chiaramente, esclusi, quello di primo livello – art. 43 del D.L.vo n. 81/2015 – e quello di alta formazione – art. 45 -) , la misura dell’incentivo, da valere sulla contribuzione dovuta dal datore di lavoro, varrà, soltanto, per il primo anno: per quelli successivi si dovrà applicare l’aliquota contributiva già prevista e che fa riferimento al limite dimensionale (fino a 9 dipendenti od oltre).

Ritengo, poi, opportuno ricordare come il diritto alla fruizione del beneficio sia sottoposto al rispetto di una serie di disposizioni divenute usuali che fanno riferimento sia ai commi 1175 e 1176 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 che all’art. 31 del D.L. vo n. 150/2015, che al “de minimis” di origine comunitaria e che ricapitolo brevemente:

  • Regolarità contributiva;
  • Rispetto delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro che sono quelle richiamate nell’allegato A al D.M. 30 gennaio 2015 sul DURC;
  • Rispetto, fermi restando gli altri obblighi di natura legale, del trattamento economico e normativo previsto dalla contrattazione nazionale e se esistente, da quella territoriale o aziendale, sottoscritta dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
  • Applicazione dei principi generali previsti dall’art. 31 del D.L. vo n. 150/2015 (rispetto di un obbligo all’assunzione previsto da leggi o contratti collettivi, rispetto del diritto di precedenza, non violazione del principio della sostituzione di lavoratori di analoga qualifica sospesi o in integrazione salariale nella stessa unità produttiva, ecc.);
  • Rispetto del Regolamento UE n. 1407/2013 sul “de minimis” che può essere derogato nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un incremento occupazionale (art. 2, paragrafo 32 del Regolamento UE n. 651/2014 che individua i lavoratori che non rientrano nel computo) le cui modalità di rilevazione sono state definite dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea il 2 aprile 2009 con la sentenza n. C-415/207. Tale incremento occupazionale va realizzato con un giovane di età compresa tra i 25 ed i 34 anni e 364 giorni in possesso di almeno uno tra quattro requisiti che fanno riferimento all’assenza di un lavoro regolarmente retribuito da almeno sei mesi, alla mancanza di un diploma di istruzione di secondo grado o di uno di istruzione e formazione professionale o qualifica, alla mancanza di un lavoro dopo che siano trascorsi non più di due anni dal termine del periodo formativo a tempo pieno o, infine, allorquando l’assunzione avvenga in settori ben identificati dal Decreto interministeriale n. 335/2017 ove sussiste una disparità uomo-donna di almeno il 25%.

La breve digressione che ho fatto sull’argomento è dettata dalle regole legali di natura generale e da quelle amministrative varate lo scorso anno: come dicevo la disposizione contenuta nel comma 247 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 non è di immediata applicazione, mancando il Decreto Direttoriale che disciplina la materia e che provvede al finanziamento della stessa. Sotto l’aspetto amministrativo manca, ovviamente, anche la circolare applicativa dell’INPS (lo scorso anno fu la n. 49), particolarmente necessaria per la determinazione di passaggi fondamentali come le modalità di cumulo con il beneficio previsto dall’art. 1-.bis della legge n. 96, la procedura informatica di richiesta dell’agevolazione, lo “stop” del “Bonus Sud” in caso di trasferimento del lavoratore in una sede dell’azienda che non sia ubicata in una delle Regioni destinatarie della facilitazione. Se, come probabile, assisteremo ad una proroga del vecchio Decreto Direttoriale n. 2/2018, senza alcun cambio di regole ma con una sorta di “copia ed incolla” (cosa già avvenuta per “Garanzia Giovani” anno 2019) ritengo che la circolare INPS non si discosterà, di molto, da quanto affermato lo scorso anno e da cui ho tratto lo spunto per alcune riflessioni che si riferiscono alle due tipologie contrattuali ammesse in passato:

  • Il contratto a tempo indeterminato sia a tempo pieno che part-time;
  • L’apprendistato professionalizzante.

Manca, al momento, come detto in precedenza, anche il Decreto Ministeriale “concertato” tra Lavoro ed Economia, postulato dal comma 3 dell’art. 1-bis che doveva essere emanato entro l’11 ottobre 2018 (sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge n. 96) e che deve stabilire le modalità di fruizione dell’esonero contributivo previsto, in via generale per trentasei mesi, pari al 50% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione di quanto dovuto all’INAIL a titolo di premi, nel limite massimo di 3.000 euro su base annua, riparametrato ed applicato su base mensile.



Fonte : Dottrina Lavoro