Assegno nucleo familiare: a luglio va rideterminato l’importo spettante

22 Giugno, 2018   |  

L’assegno per il nucleo familiare spetta ai lavoratori dipendenti, subordinati o parasubordinati e ai pensionati da lavoro dipendente. Costituiscono requisiti di base per la spettanza:
l’effettiva esistenza di un nucleo familiare costituito da almeno due soggetti (a tal proposito va ricordato che sono equiparati ai coniugi anche ai soggetti uniti civilmente, ma non i conviventi);
l’aver percepito, nell’anno precedente, un reddito complessivo costituito per almeno il 70% da redditi di lavoro dipendente o pensione.

Determinazione del reddito di riferimento – Il reddito del nucleo familiare, utile alla determinazione dell’assegno spettante da luglio 2018 a giugno 2019, è composto da:

  • i redditi complessivi assoggettabili all’IRPEF;
  • i redditi tassabili prodotti all’estero;
  • gli assegni periodici corrisposti dal coniuge in caso di separazione o divorzio;
  • i redditi esenti da imposta;
  • i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sostitutiva;
  • gli arretrati percepiti dal richiedente a titolo di retribuzione o pensione conseguiti dai componenti il nucleo nell’anno 2017.

Non sono rilevanti ai fini del calcolo ANF:

  • il TFR;
  • l’indennità di trasferta per la parte esclusa da IRPEF;
  • l’indennità di accompagnamento agli invalidi civili, ai ciechi civili assoluti, pensionati di inabilità ai minori invalidi non deambulanti.

Determinazione importo da corrispondere – Prima di procedere all’elaborazione delle retribuzioni del mese di luglio, il datore di lavoro deve ricalcolare l’importo dell’assegno da erogare, sulla base del modulo di richiesta INPS (ANF/DIP SR 16) presentato dal lavoratore.

L’assegno matura in misura intera:

  • per ogni mese di lavoro in cui il lavoratore ha effettuato almeno 104 ore se operaio e 130 se impiegato;
  • per ogni settimana se, in caso di mancato raggiungimento delle 104 o 130 ore mensili, il lavoratore ha effettuato almeno 24 ore settimanali di lavoro se operaio e 30 ore se impiegato;
  • per ogni giornata lavorata, in caso di mancato raggiungimento delle 24 o 30 ore settimanali;
  • per le giornate di assenza retribuita o comunque indennizzata, poiché assente per malattia, infortunio, maternità, ferie e congedo matrimoniale.

N.B. Qualsiasi variazione intervenuta nel reddito e/o nella composizione del nucleo familiare, durante il periodo di richiesta dell’ANF, deve essere comunicata entro 30 giorni.

È ammessa l’inclusione, ai fini della determinazione dell’assegno, dei figli di età compresa tra 18 e 21 anni purché studenti o apprendisti unicamente nei casi in cui nel nucleo siano presenti almeno quattro figli di età inferiore a 26 anni, a prescindere dalla loro posizione lavorativa o di studio.

Estensione del diritto alle unioni civili – A partire dallo scorso anno, il diritto di includere il partner nel nucleo familiare ai fini della percezione dell’ANF, è stato esteso ai soggetti uniti civilmente. Possono legarsi in unione civile due persone maggiorenni dello stesso sesso.
Restano esclusi da tale diritto:

  • le persone già sposate o che hanno contratto altra unione civile;
  • gli interdetti per infermità di mente;
  • i condannati per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altro partner.

L’unione civile è certificata da un attestato, che riporta: la sua costituzione, i dati anagrafici dei partner, il regime patrimoniale, la residenza, dati anagrafici e residenza dei testimoni. A questi soggetti viene esteso.

In caso di figli nati da una delle due parti prima dell’unione, ai figli viene garantito il trattamento di famiglia su una delle due posizioni dei propri genitori, a nulla rilevando la successiva unione civile contratta da uno di essi.
Qualora invece i genitori siano entrambi privi di una posizione tutelata, la successiva unione civile di uno dei due con altro soggetto, lavoratore dipendente o titolare di prestazione previdenziale sostitutiva, garantisce il diritto all’ANF/AF per i figli dell’altra parte dell’unione civile.
In caso di figli nati da una delle due parti nati dopo l’unione, l’assegno potrà essere erogato dall’INPS allorché il figlio sia stato inserito all’interno dell’unione civile.

Cittadini stranieri che lavorano in Italia – Il lavoratore subordinato soggetto alla legislazione di un paese UE che lavora o gode di pensione in Italia, ha diritto alle prestazioni in relazione ai propri familiari, secondo le regole che seguono:

  • se residenti in Italia, i familiari sono considerati componenti del nucleo le condizioni di spettanza sono le stesse medesime applicabili ai cittadini italiani;
  • se residenti all’estero, i familiari sono compresi nel nucleo solo se chi richiede l’assegno è cittadino di uno Stato dell’Unione Europea, o di uno Stato in cui esistano condizioni di reciprocità, oppure qualora siano in vigore convenzioni territoriali con l’Italia in materia di sicurezza sociale, che prevedano anche le prestazioni di famiglia. Prima di presentare la domanda di ANF in Italia è comunque necessario ottenere l’apposita autorizzazione dall’Inps. Se invece il Paese di residenza dei familiari non rientra in nessuna delle fattispecie elencate, gli stessi non possono essere considerati componenti del nucleo familiare ai fini ANF.

Lavoratori italiani all’estero – L’individuazione del paese responsabile delle prestazioni previdenziali a favore di chi lavora all’estero va effettuata sulla base dello status del lavoratore e del luogo di residenza di quest’ultimo. In generale:

  • in caso di trasferimento in un altro paese dell’UE, il lavoratore ha diritto alla copertura del sistema previdenziale locale ed è quindi soggetto al regime di prestazioni familiari previsto in quel paese;
  • in caso di distacco all’estero per un periodo inferiore a due anni, il lavoratore rimane “in carico” al regime previdenziale del suo paese di origine, e dunque va valutato anche il paese di residenza dei familiari a carico, se diverso da quello in cui si svolge la prestazione lavorativa.

Nel caso di un lavoratore che percepisca due tipologie di reddito da due Stati distinti ovvero di due coniugi che si trovino a prestare attività lavorativa in due paesi diversi, il diritto alla prestazione va valutato sulla base delle cosiddette “regole di priorità”, partendo comunque dal presupposto che, in caso di discipline diverse, il lavoratore ha sempre diritto a ricevere il massimo delle prestazioni previste dai due paesi. Il paese “secondario” sarà tenuto dunque al pagamento di un’integrazione equivalente alla differenza tra le due prestazioni.



Fonte : Fiscal Focus