Il trasfertista è un lavoratore che, per contratto, è obbligato a prestare la sua attività lavorativa in luoghi sempre diversi e variabili. Nel contratto di assunzione, infatti, non viene indicata una specifica sede lavorativa e la sua attività, oltre a richiedere un continuo spostamento, prevede anche il pagamento di un’apposita indennità o una maggiorazione di retribuzione per compensare il continuo disagio. Tale modalità lavorativa risulta essere fondamentale ai fini delle regole di gestione fiscale e previdenziale delle spese sostenute dal lavoratore e la loro imponibilità totale o parziale. Come vanno trattate contabilmente queste indennità? Cosa prevede la normativa del TUIR in materia? Cosa ha stabilito recentemente al riguardo la Corte di Cassazione?
Tra le clausole essenziali che devono essere apposte al contratto di lavoro subordinato, anche al fine degli obblighi di informazione e trasparenza nei confronti del lavoratore, vi è l’indicazione del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa ovvero la sede di lavoro.
Sede di lavoro che, nell’ambito della vita lavorativa, può restare inalterata, ovvero modificata definitivamente (trasferimento) o temporaneamente (trasferta).
In quest’ultimo caso, è possibile che il lavoratore possa essere inviato in trasferta occasionalmente ovvero con continuità; la modalità di invio risulta essere fondamentale per quanto riguarda la gestione fiscale e previdenziale delle spese sostenute dal lavoratore e la loro imponibilità totale o parziale; se trattasi di “semplice” trasferta, troverà applicazione il regime di cui all’
art. 51, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986 (esenzione fiscale e previdenziale delle indennità forfettarie ovvero dei rimborsi spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto). Qualora fossimo in presenza della figura del trasfertista, troverà applicazione l’art. 51, co. 6, del D.P.R. n. 917/1986, il quale prevede una esenzione limitata al 50% per le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi.
art. 51, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986 (esenzione fiscale e previdenziale delle indennità forfettarie ovvero dei rimborsi spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto). Qualora fossimo in presenza della figura del trasfertista, troverà applicazione l’art. 51, co. 6, del D.P.R. n. 917/1986, il quale prevede una esenzione limitata al 50% per le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi.
Per quest’ultima figura, appare utile considerare anche la recente posizione della giurisprudenza (Cassazione, sentenza n. 24148/2025), con la quale si è stabilito che, operando l’agevolazione dell’imponibilità al 50% delle relative indennità e maggiorazioni, al trasfertista non possono essere riconosciuti né l’indennità di trasferta né i rimborsi spese esenti da parte del datore di lavoro.
Figura del trasfertista
Pare utile precisare in premessa che il trasfertista non è un lavoratore che è spesso in trasferta, ma è quel lavoratore che, per contratto di lavoro, è obbligato a prestare la sua attività lavorativa in luoghi sempre diversi e variabili.
Ciò che caratterizza questi lavoratori è il fatto di doversi sempre spostare al fine di prestare la propria attività lavorativa.
Nel contratto di assunzione, infatti, non viene indicata una specifica sede lavorativa e la loro attività, oltre a richiedere un continuo spostamento, prevede anche il pagamento di una specifica indennità o una maggiorazione di retribuzione per compensare il continuo disagio.
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali delle eventuali somme riconosciute, l’art. 51, co. 6, del D.P.R. n. 917/1986, stabilisce che: “Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare”.
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Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’esenzione sia ai fini contributivi sia ai fini fiscali, si considerano trasfertisti tutti quei lavoratori dipendenti ai quali è contrattualmente attribuita un’indennità, ovvero una maggiorazione di retribuzione, per tutti i giorni retribuiti, senza distinguere se il lavoratore dipendente si sia o meno recato effettivamente in trasferta.
Tali indennità e maggiorazioni sono imponibili al 50%, oltre che da un punto di vista fiscale, anche contributivo e assicurativo.
Dal tenore della norma, appare, però, evidente che:
– dal contratto di lavoro stipulato con il lavoratore deve emergere che l’attività viene svolta in modo continuativo fuori dalla sede di lavoro;
– deve esistere una previsione contrattuale in base alla quale viene attribuita al lavoratore dipendente una particolare indennità o una maggiorazione di retribuzione.
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Sul tema dell’indennità si è pronunciata la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro, che, con la nota n. 25/I/0008287 del 20 giugno 2008, ha affrontato il tema delle differenze fra l’istituto della “trasferta” e la trasferta strutturale e contrattualmente prevista per i c.d. “trasfertisti”, con particolare riferimento al settore edile e a quello metalmeccanico.
Secondo il Ministero:
– il lavoratore deve considerarsi “trasfertista” quando nel contratto individuale non sia indicata una specifica sede di lavoro, essendo egli tenuto a continui spostamenti a fronte dei quali riceve una specifica maggiorazione di retribuzione, senza che a tal fine rilevino i tempi e i luoghi di spostamento;
– trova, invece, applicazione il regime fiscale e contributivo delle trasferte di cui al comma 5, dell’art. 51, del D.P.R. n. 917/1986, quando il contratto individuale indica una sede di lavoro, spettando l’indennità di trasferta quando il lavoratore venga inviato a lavorare fuori dalla stessa.
Aspetti contabili dell’indennità del trasfertista
Per quanto riguarda gli aspetti contabili, le indennità o maggiorazioni di retribuzione per i trasfertisti sono attribuite, per contratto, per tutti i giorni retribuiti e non rilevano i tempi e i luoghi delle trasferte.
Le assenze dal lavoro retribuite, quali ferie, permessi, malattia, maternità e infortunio non influiscono sulle indennità e maggiorazioni di retribuzione erogate al lavoratore dipendente.
Per quanto riguarda l’imponibilità ai fini del TFR dell’importo riconosciuto mensilmente a titolo di indennità di trasfertista, l’indennità trasfertista di cui all’art. 51, comma 6, assumendo natura retributiva quanto meno per il 50% del suo valore (e natura risarcitoria per il 50%), la stessa sarà da considerarsi, salvo diversa previsione del CCNL applicato, retribuzione utile al calcolo del TFR.
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Indennità del trasfertista e rimborsi spese aggiuntivi: imponibilità fiscale e previdenziale
Sul tema dell’indennità del trasfertista e l’eventuale riconoscimento di rimborsi spese e indennità di trasferta da parte del datore di lavoro, si segnala che la Cassazione (sentenza n. 24148/2025) ha stabilito che in materia di contribuzione previdenziale sui compensi dei lavoratori trasfertisti, i regimi fiscali e contributivi previsti dall’art. 51, comma 5, e dall’art. 51, comma 6, del D.P.R. n. 917/1986, sono alternativi e disciplinano due distinte fattispecie lavorative con differenti presupposti e modalità di tassazione.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti:
– il comma 5 regola le trasferte occasionali, caratterizzate dalla saltuarietà della prestazione svolta fuori dal territorio comunale della sede lavorativa, prevedendo che le indennità concorrano a formare il reddito solo per la parte eccedente determinati limiti giornalieri, con possibilità di esclusione totale in caso di rimborso analitico delle spese documentate;
– il comma 6 disciplina, invece, l’attività lavorativa svolta in luoghi sempre variabili e diversi, identificando una fattispecie speciale di lavoro subordinato tipizzata quanto alla sede e alla remunerazione, per la quale le indennità e maggiorazioni concorrono a formare il reddito nella misura del 50% del loro ammontare.
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Secondo la Corte, una volta accertata l’applicabilità del regime di cui al comma 6, non sono previste ulteriori esclusioni dal calcolo del montante retributivo oltre alla riduzione al 50%, diversamente da quanto stabilito per le trasferte disciplinate dal comma 5.
Conseguentemente, le spese riferite alla trasferta e ai rimborsi chilometrici, che costituiscono componenti dell’indennità di trasferta, devono essere integralmente comprese nella base di calcolo contributiva, poiché la disciplina speciale dei trasfertisti non prevede alcuna esclusione parziale o totale di tali voci.
La circostanza che le spese di vitto, alloggio e trasporto siano sostenute direttamente dal datore di lavoro anziché rimborsate al lavoratore non modifica l’inquadramento contributivo, rimanendo tali erogazioni soggette al regime fiscale e contributivo proprio dei trasfertisti abituali “… ai fini della applicazione del regime «trasfertista» rileva unicamente il dato che il lavoro dei dipendenti sia normalmente svolto in luoghi variabili e diversi e che la sede aziendale sia utilizzata per la sola predisposizione di quanto occorre prima di partire per i diversi luoghi di lavoro…”.
Provando a riepilogare in tema di trasfertista:
– prestazione svolta in luoghi sempre diversi;
– erogazione di una indennità fissa;
– non indicazione precisa dello svolgimento abituale della prestazione nel contratto individuale (o indicazione che la prestazione è svolta in luoghi sempre diversi);
– imponibilità INPS, INAIL e IRPEF per il 50% del valore dell’indennità riconosciuta;
– imponibilità ai fini del TFR per il 50% del loro ammontare (salvo diversa previsione del CCNL).
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Simone Baghin
30 Settembre 2025