Dimissioni per fatti concludenti: i nuovi chiarimenti del Ministero del Lavoro

Gli ulteriori chiarimenti ministeriali sulle dimissioni per fatti concludenti

Premessa e oggetto della nota ministeriale

Rispondendo, velocemente, ad alcuni quesiti posti dall’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro il 2 aprile 2025, il Ministero del Lavoro, con una nota del 10 aprile u.s., ha fornito ulteriori delucidazioni in materia di:

  • Termini per attivare la procedura di dimissioni per fatti concludenti che potrà essere prevista dai CCNL;
  • Comportamento che può tenere il datore di lavoro a fronte di una dichiarazione dell’Ispettorato territoriale del Lavoro circa l’inefficacia della procedura;
  • Dimissioni per giusta causa nel momento in cui le stesse giungono durante l’iter di quelle per fatti concludenti.

Premetto che le risposte del Dicastero del Lavoro, non appaiono, a mio avviso, pienamente esaustive per il primo punto, mentre per il terzo appaiono di difficile comprensione, se calate nel caso concreto.

Ma, andiamo con ordine.

Termini per attivare la procedura nei CCNL

Nella circolare n. 6/2025 era stato affermato che una eventuale pattuizione della contrattazione collettiva destinata a fissare i termini per la qualificazione di “dimissioni per fatti concludenti” a fronte di assenze ingiustificate protrattesi nel tempo, non potesse essere inferiore al limite fissato dalla legge che le ritiene possibili solo nel caso in cui siano trascorsi almeno 15 giorni (di calendario).

Il Ministero ribadisce la bontà della propria scelta, pur ammettendo che il termine legale ha natura residuale, ma ritiene che la contrattazione collettiva non ne possa indicare uno inferiore (in una sorta di “favor lavoratoris”, ma la norma non prevede la clausola “più favorevole”) perché altrimenti verrebbe leso il diritto di giustificare tempestivamente le ragioni della sua assenza. La nota conclude affermando la propria disponibilità a modificare tale interpretazione amministrativa in presenza di indirizzi giurisprudenziali consolidate.

Perché la tesi ministeriale non convince

Tale tesi non può essere condivisa per alcune ragioni che vado a riassumere.

Il Legislatore ha delegato la contrattazione collettiva e non altri a disciplinare la materia: si tratta di una delega piena che le parti sociali, ove addivenissero ad un accordo in ordine alla procedura, saranno libere di quantificare sia i termini (anche inferiori a quelli legali) che l’iter procedurale. Il Dicastero del Lavoro afferma che termini più brevi non consentirebbero al lavoratore di produrre le proprie giustificazioni e che la contrattazione collettiva non può derogare in senso peggiorativo alla legge. Tale ultima affermazione non appare, assolutamente, pertinente atteso che sono numerosissime le norme contrattuali che, previo intervento del Legislatore, hanno disciplinato istituti che, anche a livello aziendale, hanno modificato “in peius” la legge (è sufficiente pensare ai contratti di prossimità ex art. 8, comma 2, del D.L. n. 138/2011 convertito, con modificazioni, nella legge n. 148/2011.

Inefficacia della procedura e ruolo dell’Ispettorato

In ordine al secondo quesito relativo alla possibilità che la procedura per fatti concludenti venga dichiarata inefficace dall’Ispettorato del Lavoro per causa di forza maggiore accertata sulla base delle dichiarazioni del lavoratore o perché le assenze scaturiscono da una responsabilità del datore di lavoro, il Ministero ricorda che dalla inefficacia dichiarata da quest’ultimo organo non deriva alcuna automaticità di ricostituzione del rapporto, essendo precluso all’Ispettorato tale compito: è, quindi, onere, del datore, se intende ricostituire il rapporto, procedere. Ovviamente, non resta, affatto preclusa, al lavoratore la via giudiziale ove potrà portare, come prova, l’atto dell’organo di vigilanza.

Dimissioni per giusta causa e fatti concludenti

Il terzo quesito riguardava le dimissioni per giusta causa presentate dal lavoratore, dopo che il datore aveva avviato la procedura e prima che “la stessa abbia prodotto il suo effetto dismissivo”: in tal caso, afferma la nota, prevalgono le dimissioni per giusta causa, la cui verifica della sussistenza delle condizioni dovrà, poi, essere verificata nelle usuali sedi, compresa, se del caso, quella giudiziaria.

La risposta del Ministero mi sembra più teorica che pratica in quanto la cessazione del rapporto, a seguito di dimissioni per fatti concludenti, ha effetto, come ricorda la circolare n. 6, dalla data riportata sul modello UNILAV che non potrà essere antecedente rispetto a quella comunicata all’Ispettorato territoriale del Lavoro competente in relazione al luogo ove si è svolta la prestazione del lavoratore


30 Aprile 2025


Fonte : Dottrina Lavoro