Contratto di lavoro intermittente: criticità applicative in attesa di un intervento normativo

In merito all’identificazione delle fattispecie oggettive in cui il contratto intermittente è legittimamente applicabile l’abrogazione del Regio Decreto n. 2657/1923, avvenuta con la 
Legge n. 56/2025, apre un vuoto normativo che potrebbe generare incertezze per imprese e consulenti del lavoro. Quali soluzioni possono essere adottate? Nonostante l’abrogazione, resta plausibile e giuridicamente sostenibile continuare a utilizzare la tabella allegata al R.D. come riferimento per l’identificazione delle attività intermittenti. Tale lettura trova fondamento nella natura meramente materiale del rinvio, come affermato dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 34 del 2010. Sarebbe, tuttavia, opportuno un intervento urgente che definisca, in maniera aggiornata, le attività discontinue.
La pubblicazione della Legge n. 56 del 7 aprile 2025, nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2025, ha riportato l’attenzione su un tema centrale per il diritto del lavoro italiano: l’abrogazione degli atti normativi di epoca prerepubblicana, risalenti al periodo tra il 1861 e il 1946. Tra questi provvedimenti rientra anche il Regio Decreto n. 2657 del 6 dicembre 1923, un testo storico che aveva ancora rilevanza nell’ambito della regolamentazione del lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia.
Infatti, questo decreto, sebbene risalente a un contesto sociale e produttivo profondamente diverso, ha rappresentato per decenni un riferimento essenziale per la definizione delle attività che possono dar luogo alla stipulazione di contratti di lavoro intermittente.
La sua importanza era ribadita anche dal Ministero del Lavoro, che lo indicava come riferimento operativo in attesa dell’emanazione di un apposito decreto attuativo, previsto dall’art. 13, comma 1 del Decreto Legislativo n. 81/2015, volto a individuare le attività discontinue compatibili con il lavoro intermittente. In particolare, il Decreto Ministeriale richiamava il documento al fine di reperire “i casi di utilizzo del lavoro intermittente”.

Il ruolo del Regio Decreto n. 2657/1923 nel lavoro intermittente

L’interpello n. 10 del 21 marzo 2016 del Ministero del Lavoro aveva chiarito che, in forza del Decreto Ministeriale 23 ottobre 2004, era possibile stipulare contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio Decreto del 1923. Questo riferimento normativo, sebbene non più formalmente in vigore, ha continuato a fungere da parametro interpretativo per identificare le fattispecie oggettive in cui il contratto intermittente è legittimamente applicabile.
Con l’abrogazione formale del Regio Decreto, avvenuta con la Legge n. 56/2025, si apre ora un vuoto normativo che potrebbe generare incertezze applicative per le imprese e per i consulenti del lavoro. Tuttavia, è possibile sostenere che la tabella allegata al Regio Decreto continui a rappresentare un valido riferimento, in quanto il richiamo da parte del 
Decreto Ministeriale 23 ottobre 2004 non riguarda l’intero corpo normativo del Regio Decreto, bensì esclusivamente le attività elencate nella sua tabella. Infatti, il D.M. precisa che “è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657” e non al Regio decreto nella sua interezza.
In virtù di questa interpretazione, possiamo concordare sul fatto che in assenza di una previsione contrattuale (elemento oggettivo primario), sarà comunque possibile attivare il contratto intermittente qualora l’attività del prestatore di lavoro sia una di quelle elencate nella tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923. Questa modalità sarà, quindi, attiva fin tanto che il Ministero del Lavoro non predisporrà un decreto con le nuove attività discontinue, che potranno essere prese da riferimento per tale tipologia contrattuale. A questo punto, ritengo non più procrastinabile l’intervento ministeriale, al fine di attualizzare le attività che potranno essere fatte oggetto di contratti per loro natura discontinui, quali quelli intermittenti, ciò anche alla luce delle trasformazioni del mercato del lavoro e dell’evoluzione tecnologica e organizzativa delle imprese, offrendo così un quadro normativo chiaro e coerente con la realtà attuale.
Nonostante l’abrogazione formale del Regio Decreto, resta quindi plausibile e giuridicamente sostenibile continuare a utilizzare la tabella allegata come riferimento per l’identificazione delle attività intermittenti. Tale lettura trova fondamento nella natura meramente materiale del rinvio, come già affermato dallo stesso Ministero del Lavoro nella Circolare n. 34 del 29 settembre 2010.
In quell’occasione, il Ministero aveva esplicitamente chiarito che l’abrogazione del Regio Decreto, già avvenuta con il D.Lgs. n. 179/2009 in attuazione della Legge delega n. 246/2005, non impediva l’utilizzo della tabella allegata per l’applicazione del lavoro intermittente. Il rinvio operato dal Decreto Ministeriale 23 ottobre 2004 era, infatti, da considerarsi non formale ma sostanziale, fondato sul contenuto delle attività elencate e non sulla validità del decreto in quanto atto normativo.

Altre ipotesi per il ricorso al lavoro intermittente

In ogni caso, il presupposto oggettivo (derivante dalla contrattazione collettiva o dalla tabella del Regio Decreto) non è l’unico canale per attivare un contratto intermittente. La normativa prevede, infatti, la possibilità di stipulare tale tipologia contrattuale anche in base al presupposto soggettivo, quando il lavoratore:
– ha meno di 24 anni, a condizione che le prestazioni siano svolte entro il 25° anno di età;
– ha più di 55 anni, anche se pensionato.
Questa previsione consente, quindi, un margine di operatività del contratto intermittente anche in assenza di un riferimento oggettivo esplicito.

Considerazioni conclusive

L’abrogazione del Regio Decreto 2657/1923 pone interrogativi rilevanti per gli operatori del diritto del lavoro e le aziende. Sebbene tale abrogazione fosse formalmente già avvenuta nel 2009, è solo con la Legge n. 56/2025 che si è completata l’operazione di semplificazione normativa anche sul piano formale. Tuttavia, la mancanza di un decreto sostitutivo rende oggi urgente un intervento ministeriale che definisca, in maniera aggiornata, le attività discontinue.
In attesa di tale intervento, ritengo che la tabella allegata al Regio Decreto possa mantenere una rilevanza operativa e interpretativa, offrendo un punto di riferimento utile per la stipula dei contratti di lavoro intermittente. Il mondo del lavoro, in continua evoluzione, ha bisogno di norme chiare, attuali e coerenti, capaci di garantire flessibilità per le imprese e tutele adeguate per i lavoratori.

7 Maggio 2025


Fonte : WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro