La legge di conversione del decreto Economia (D.L. n. 95/2025) amplia il margine operativo per la definizione delle causali nei contratti a termine. Viene infatti prorogato al 31 dicembre 2026 il periodo entro il quale, in assenza di specifiche disposizioni contenute nei CCNL, le parti del contratto individuale di lavoro possono individuare esigenze di carattere tecnico, organizzativo o produttivo idonee a giustificare l’apposizione di un termine eccedente i 12 mesi. Quali sono le implicazioni per i datori di lavoro nella gestione delle esigenze tecnico-organizzative e produttive?
La disciplina transitoria prevista per i contratti a tempo determinato si estende di dodici mesi con la conversione del decreto Economia (D.L. 30 giugno 2025, n. 95 convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2025, n. 118). Con l’introduzione del comma 6-bis all’art. 14, avvenuta nel corso dell’iter di conversione in legge, è stata modificata la lettera b) dell’art. 19 del
D.Lgs. n. 81/2015. L’intervento normativo ha prorogato al 31 dicembre 2026 il periodo entro il quale, in assenza di specifiche disposizioni contenute nei contratti collettivi, le parti del contratto individuale di lavoro possono individuare esigenze di carattere tecnico, organizzativo o produttivo idonee a giustificare l’apposizione di un termine eccedente i dodici mesi.
D.Lgs. n. 81/2015. L’intervento normativo ha prorogato al 31 dicembre 2026 il periodo entro il quale, in assenza di specifiche disposizioni contenute nei contratti collettivi, le parti del contratto individuale di lavoro possono individuare esigenze di carattere tecnico, organizzativo o produttivo idonee a giustificare l’apposizione di un termine eccedente i dodici mesi.
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L’evoluzione normativa in corso
Il quadro normativo italiano in materia di contratti a tempo determinato continua a subire significative modifiche, confermando la necessità di garantire flessibilità contrattuale alle imprese in un contesto economico ancora caratterizzato da incertezze strutturali. Con l’approvazione della legge di conversione del D.L. n. 95/2025 (decreto Economia), pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 184 del 9 agosto 2025, è stata disposta un’ulteriore proroga della possibilità per le parti individuali di definire autonomamente le causali che legittimano l’apposizione del termine oltre i dodici mesi nei contratti a tempo determinato.
La misura, contenuta nel nuovo comma 6-bis dell’art. 14 del decreto, estende fino al 31 dicembre 2026 la facoltà già prevista dalla precedente normativa transitoria, rappresentando un ulteriore differimento rispetto alla scadenza del 31 dicembre 2025 inizialmente stabilita.
Per comprendere appieno la portata di questa ennesima proroga, occorre ricostruire l’evoluzione legislativa che ha caratterizzato la disciplina dei contratti a termine negli ultimi anni. Il sistema attualmente vigente trae origine dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 48/2023 (decreto Lavoro), convertito con Legge n. 85/2023, che ha sostanzialmente riformato l’articolo 19 del D.Lgs. n. 81/2015.
La regola generale prevede che il contratto a termine possa essere stipulato liberamente, senza necessità di indicare alcuna motivazione, per una durata massima di dodici mesi. Entro tale limite, anche proroghe e rinnovi restano liberi da obblighi di causale. Il sistema diventa più complesso quando il rapporto supera la soglia dei dodici mesi: in tal caso, il contratto può proseguire fino a un massimo di ventiquattro mesi solo in presenza di specifiche condizioni.
In particolare, il contratto di lavoro a termine può avere una durata superiore a dodici mesi nelle seguenti ipotesi:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative;
b) in assenza delle previsioni collettive di cui al punto precedente, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
c) per la sostituzione di altri lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto.
La disciplina transitoria e le diverse proroghe
Il legislatore del 2023, consapevole che i contratti collettivi non sarebbero stati in grado di recepire immediatamente la nuova disciplina, ha introdotto una normativa transitoria inizialmente prevista fino al 30 aprile 2024. La soluzione si è dimostrata rapidamente indispensabile a causa del mancato recepimento da parte di numerosi contratti collettivi, determinando una successione di proroghe.
La prima estensione è intervenuta con la legge di conversione del D.L. n. 132/2023, che ha differito il termine al 31 dicembre 2024. Successivamente, il D.L. n. 19/2024, convertito con legge n. 56/2024, ha ulteriormente prorogato la scadenza al 31 dicembre 2025. Da ultimo, come anticipato, il D.L. n. 95/2025 ha esteso la disciplina transitoria fino al 31 dicembre 2026.
Applicazione pratica: requisiti e limiti delle causali individuali
La possibilità di individuare causali tra le parti si applica esclusivamente in assenza di previsioni espresse da parte della contrattazione collettiva, configurandosi quindi come soluzione residuale e non alternativa alla disciplina collettiva. L’utilizzo di causali pattuite a livello individuale è consentito unicamente quando il contratto collettivo nazionale, territoriale o aziendale applicato non abbia previsto specifiche causali per l’estensione del termine oltre i dodici mesi.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva devono essere declinate in modo circostanziato e puntuale nel contratto sottoscritto dalle parti. Le motivazioni devono essere oggettivamente verificabili e sufficientemente specifiche, evitando formule generiche o astratte che potrebbero comportare la nullità della clausola e la conversione del contratto a tempo indeterminato.
Solo per fare qualche esempio, le esigenze tecniche si configurano come necessità aziendali determinate dalla richiesta di competenze specialistiche, dall’implementazione di tecnologie innovative ovvero dall’utilizzo di strumentazioni tecniche in relazione alle quali risulti carente all’interno dell’organico aziendale un’adeguata professionalità specifica. Le esigenze organizzative attengono a circostanze interne all’impresa che rendano necessaria una rimodulazione dell’allocazione delle risorse umane, quali processi di riorganizzazione aziendale, implementazioni di sistemi gestionali ovvero ridefinizioni dei processi produttivi. Le esigenze produttive concernono incrementi dell’attività economica dell’impresa, tanto di carattere programmabile quanto di natura straordinaria.
Il recepimento da parte della contrattazione collettiva
Come precisato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con Circolare n. 9 del 9 ottobre 2023, le previsioni dei contratti collettivi sono da ritenere “fonte privilegiata” in questa materia. Tuttavia, la delega disposta dal legislatore è stata finora recepita solo parzialmente dalla contrattazione collettiva: alcuni CCNL hanno già adeguato le proprie disposizioni (tra questi, ad esempio, i contratti del Commercio Confcommercio, Turismo Confesercenti, Tessili industria, Metalmeccanici artigianato), mentre altri dovranno completare tale processo entro la nuova scadenza del 31 dicembre 2026.
Sanzioni e conseguenze delle irregolarità
La normativa prevede sanzioni significative in caso di violazioni. L’omessa indicazione della causale, laddove obbligatoria, comporta la nullità del termine apposto e la trasformazione automatica del rapporto in contratto a tempo indeterminato, senza necessità di impugnazione formale da parte del lavoratore. La conversione opera ex lege a partire dalla data di superamento del termine legittimo. Analoghe conseguenze si verificano in caso di utilizzo di motivazioni generiche o non verificabili. L’onere della prova della veridicità della causale ricade integralmente sul datore di lavoro, che deve essere in grado di dimostrare la concretezza, specificità e verificabilità delle esigenze addotte.
Considerazioni e prospettive future
L’ulteriore proroga al 31 dicembre 2026 conferma la difficoltà del sistema di contrattazione collettiva nel recepire tempestivamente le modifiche legislative e l’esigenza delle imprese di mantenere strumenti di flessibilità contrattuale.
La disciplina transitoria si rivela non solo utile ma necessaria per evitare che l’assenza o il ritardo della contrattazione collettiva paralizzi l’utilizzo del contratto a termine oltre i dodici mesi. Una volta che il periodo di transizione sarà definitivamente terminato, l’individuazione delle causali che giustificano il ricorso al contratto a termine dovrebbe essere affidata esclusivamente alla contrattazione collettiva e alle ipotesi sostitutive di altri lavoratori.
Tuttavia, l’evoluzione normativa degli ultimi anni suggerisce che tale passaggio potrebbe richiedere tempi più lunghi del previsto, rendendo probabili ulteriori interventi legislativi di proroga. Ai datori di lavoro, in ogni caso, si raccomanda l’attenta valutazione dei casi specifici, considerato che le ragioni addotte devono presentare caratteri di oggettiva riscontrabilità e adeguata determinatezza, con esclusione di enunciazioni vaghe o di carattere meramente teorico.
Mario Cassaro
12 Settembre 2025