Il quadro normativo e la circolare INPS n. 91/2025
La circolare n. 91/2025 dell’INPS ha dato il sostanziale via libera alle assunzioni agevolate di donne svantaggiate e molto svantaggiate, concludendo un “iter tribolato”, partito il 7 maggio 2024 (data del D.L: n. 60/2024) e terminato, al momento, il 16 maggio u.s. con la pubblicazione del modello di richiesta degli sgravi contributivi da inoltrare all’INPS, come postulato dalla circolare n. 91 del 12 maggio u.s.
In questa breve riflessione mi soffermerò, soltanto, sul significato di alcuni requisiti necessari per poter accedere alle agevolazioni che sono state determinate dal Legislatore in favore di tutti i datori di lavoro privati, compresi quelli del settore agricolo, nella misura del 100% dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro, entro un tetto massimo di 650 euro su base mensile, per un periodo di 24 mesi complessivi (12 per le donne assunte in settori ove sussiste la disparità di genere). Vi sono datori di lavoro esclusi dal beneficio e sono:
- Le imprese in difficoltà, come espressamente indicato dall’art. 2, punto 18, del Regolamento comunitario n. 651/2014(l’elencazione è lunga e completa e ad essa rimando);
- I datori di lavoro che, in passato, hanno ricevuto aiuti individuali o incompatibili, come definiti dalla Commissione europea e non li hanno rimborsati o non hanno depositato in un conto bloccato l’ammontare degli stessi,
Significato di donne prive di occupazione
La disposizione riguarda, innanzitutto, le donne di qualsiasi età, ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. In questo caso va verificato se nei 2 anni antecedenti l’assunzione la lavoratrice non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata ad un contratto di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa la cui remunerazione annua sia superiore a 8.500 euro o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa (o altra prestazione di lavoro) delle quali parla l’art. 50, comma 1, lettera c-bis del D.P.R. n. 917/1986 lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo superiore a 5.500 euro. L’esonero contributivo, trattandosi di donne “molto svantaggiate” è riconosciuto per i rapporti a tempo indeterminato (anche a tempo parziale, ovviamente, “pro-quota”), instaurati dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025, per 24 mesi: il beneficio è riconoscibile anche in favore delle socie di società cooperative che, dopo, l’instaurazione del rapporto associativo, vengono assunte a tempo indeterminato nel rispetto della previsione contenuta nella legge n. 142/2001. Dalla casistica sono esclusi sia il lavoro domestico (per la specialità del rapporto), che l’apprendistato il quale gode di una specifica contribuzione di favore. La norma non trova applicazione anche in caso di lavoro intermittente a tempo indeterminato, in quanto tale tipologia contrattuale è caratterizzata da discontinuità, e dipende “unicamente”, dalla “chiamata” del datore di lavoro. Ovviamente, quanto appena detto in relazione alle tipologie contrattuali ammesse, vale anche per le donne indicate nei punti successivi.
Ci sono, poi, le donne svantaggiate di qualsiasi età, prive di un lavoro retribuito da almeno 6 mesi, residenti nella Regioni della Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno, ove rientrano la Campania, la Puglia, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia, la Sardegna, l’Abruzzo ed il Molise, ammissibili ai finanziamenti dei fondi strutturali dell’Unione Europea. Il requisito della residenza è un elemento essenziale che deve sussistere al momento dell’assunzione, non essendoci vincoli temporali correlati alla permanenza del requisito della residenza. Il rapporto di lavoro, instaurato con la donna residente in area ZES al momento dell’assunzione, può svolgersi anche al di fuori delle aree territoriali sopra indicate. In tal caso, essendo propedeutica all’assunzione, la decisione adottata, ai sensi dell’art. 108 del Trattato dell’Unione, da Bruxelles il 31 gennaio 2025, il beneficio può essere riconosciuto per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate a decorrere da tale data e fino al 31 dicembre 2025, nel rispetto delle modalità di richiesta esplicitate al paragrafo 8 della circolare n. 91 (ossia, che la domanda di riconoscimento dell’esonero deve essere effettuata prima di procedere alla instaurazione del rapporto). Lo sgravio contributivo è riconosciuto per un massimo di 24 mesi.
La terza categoria di donne svantaggiate è rappresentata da quelle, di qualsiasi età, destinate a svolgere professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere, così come previsto dall’art. 2, punto 4, lettera f) del Regolamento comunitario n. 651/2014. Le professioni ed i settori vengono indicati annualmente cono un Decreto “concertato” tra il Ministro del Lavoro e quello dell’Economia (quello per l’anno 2025 è stato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro il 30 dicembre 2024). Per il riconoscimento degli incentivi la donna deve essere assunta in un settore o in una professione indicata nell’elenco del predetto Decreto. Tanto per fornire un esempio, tra i settori maggiormente caratterizzati da disparità di genere spiccano, l’agricoltura, le costruzioni edili, l’informazione e la comunicazione per i servizi, mentre per le professioni la disparità riguarda quelle apicali (direttori di aziende, amministratori, ecc.). Lo sgravio contributivo è riconosciuto per le assunzioni effettuate dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 per un massimo di 12 mesi, in quanto la platea delle destinatarie è considerata, alla luce del Regolamento UE n. 651/2014, “svantaggiata” e non “molto svantaggiata”, come anche ricordato dall’art. 2, comma 3, del D.M. attuativo.
Significato di lavoro regolarmente retribuito
Tale nozione è stata definita dal D.M. 17 ottobre 2017 del Ministro del Lavoro che ha ripreso concetti comunitari già presenti nella circolare dello stesso Dicastero n. 34/2013 sui i lavoratori svantaggiati. Le donne al quale ci si riferisce sono quelle che negli ultimi 6 mesi non hanno lavorato come subordinate, o hanno prestato attività come subordinate o con prestazioni riconducibili ad attività lavorativa autonoma o parasubordinata, dalla quale sia derivato un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione. Essi è di 5.500 euro per il lavoro autonomo propriamente detto e di 8.500 euro per le collaborazioni coordinate e continuative e le altre prestazioni di lavoro ex art. 50, comma 1, lettera c-bis, del D.L.vo n. 917/1986.
Il concetto di “lavoro regolarmente retribuito” non si riferisce, soltanto, al fatto che la lavoratrice abbia prestato la propria attività in “nero” o, quantomeno, in maniera parzialmente irregolare, come si potrebbe pensare a seguito di una lettura superficiale. Esso va preso in considerazione anche in presenza di una prestazione dell’attività sia sotto il profilo della durata per il contratto di lavoro subordinato (massimo 6 mesi) che del compenso per gli autonomi o i parasubordinati.
Significato di incremento occupazionale
La norma richiede che l’assunzione di donne svantaggiate o molto svantaggiate comporti un incremento occupazionale netto, cosa che chiede anche il Regolamento comunitario n. 651/2014.
Il comma 3 dell’art. 23, del D.L. n. 60/2024 afferma che l’assunzione deve comportare un incremento occupazionale netto rispetto alla media dei 12 mesi precedenti: tale principio proviene sia dall’art. 2, punto 32, del Regolamento UE n. 651/2014 (come detto pocanzi), che dalla Corte di Giustizia Europea la quale, con la sentenza n. C-415/07 del 2009 ha affermato che la valutazione dell’incremento discende confrontando “il numero medio di Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.) dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di U.L.A. dell’anno successivo all’assunzione”.
Per i dipendenti con contratto part-time, il calcolo va “pesato” in rapporto tra le ore pattuite e le ore che costituiscono il normale orario dei dipendenti a tempo pieno. L’art. 2 del Regolamento n. 1407/2013, afferma, inoltre, che i posti di lavoro soppressi in tale periodo debbono essere dedotti e che il numero dei lavoratori occupati a tempo pieno, a tempo parziale o stagionalmente va calcolato considerando le frazioni di unità lavoro-anno. Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad aziende correlate o collegate tra loro in modo tale da rientrare nel concetto di “impresa unica”, il calcolo va effettuato su tutte le aziende secondo criteri presenti, oggi, anche nel Regolamento sul “de minimis” n. 2831/2023. Tale concetto viene fatto proprio dal comma 3 dalla norma che si commenta e che richiama sia l’impresa che, per interposta persona, fa capo allo stesso soggetto che la previsione dell’art. 2359 c.c. che si verifica:
- Quando un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa;
- Quando un’impresa ha diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa;
- Quando un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima o in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima;
- Quando un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima.
In passato, il Ministero del Lavoro con la circolare n. 34/2014 chiarì che il datore di lavoro deve verificare la forza presente nei 12 mesi successivi e non fare una valutazione sull’occupazione “stimata”: ciò significa che il beneficio non viene riconosciuto per i mesi in cui tale incremento non si è realizzato, con la conseguenza che nei mesi in cui il datore è andato “sotto” la media dei 12 mesi antecedenti l’assunzione, il beneficio non viene riconosciuto e, attraverso le ordinarie regole di regolarizzazione, è tenuto a restituire quanto fruito. L’agevolazione, comunque, viene riconosciuta pur se l’incremento non si è realizzato perché nel periodo sotto osservazione si sono resi vacanti posti di lavoro per:
- Dimissioni volontarie che oggi comprendono anche le dimissioni per fatti concludenti previste dall’art. 19 della legge n. 203/2024
- Invalidità;
- Pensionamento per raggiunti limiti di età, dizione che dovrebbe comprendere (ma qui sarebbe opportuno un chiarimento del Ministero del Lavoro) anche forme di pensionamento anticipato (quota 103, opzione donna, ape sociale, ecc.) previste dall’ordinamento;
- Riduzione volontaria dell’orario di lavoro realizzabile attraverso accordi di trasformazione dei rapporti da tempo pieno a tempo parziale, come previsto dall’art. 8 del D.L.vo n. 81/2015;
- Licenziamento per giusta causa che va effettuato seguendo le procedure previste dall’art. 7 della legge n. 300/1970 e dal contratto collettivo applicato.
La circolare n. 91 ricorda, inoltre, che:
- I lavoratori licenziati a seguito di procedura collettiva di riduzione di personale e quelli per giustificato motivo oggettivo (con la sola esclusione di quelli per inidoneità al lavoro e per superamento del periodo di comporto) ai soli fini della fruizione dei benefici, vanno rimpiazzati.
- Il requisito occupazionale netto allorquando un lavoratore assunto a tempo indeterminato da una Agenzia di lavoro, viene inviato in missione, anche a termine, presso un’azienda utilizzatrice, viene calcolato su quest’ultima, atteso che gli incentivi vengono “girati” alla stessa.
Significato del requisito relativo ai licenziamenti
Per poter accedere al beneficio (che, per l’azienda non può, comunque, superare il 50% dei costi salariali ove rientrano, ai sensi del punto 31 dell’art. 2 del Regolamento comunitario n. 651/2014, “la retribuzione lorda prima delle imposte ed i contributi obbligatori, quali gli oneri previdenziali e i contributi assistenziali per figli e familiari durante un periodo di tempo definito”), occorre, in qualche modo, essere in regola con le norme in materia di licenziamento. In particolare:
- I datori interessati non debbono aver proceduto, nei 6 mersi antecedenti l’assunzione, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo (con esclusione di quelli per sopravvenuta inidoneità al lavoro e per superamento del periodo di comporto) o a licenziamenti collettivi per riduzione di personale che hanno interessato la stessa unità operativa o produttiva ove si intende assumere la lavoratrice;
- I datori non debbono procedere, nei sei mesi successivi all’assunzione agevolata, al licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore assunto con lo sgravio contributivo o di un lavoratore impiegato con la stessa qualifica (attenzione, si parla di qualifica e non di mansioni o di livello!) nella stessa unità operativa o produttiva. La violazione comporta la revoca dell’esonero e la restituzione di quanto già fruito. Anche in tal caso risultano ininfluenti i recessi per inidoneità al lavoro e per superamento del periodo di comporto.
AUTORE: Eufranio Massi