Auto aziendali ad uso promiscuo: il regime fiscale e le criticità applicative

Dopo la riforma del regime fiscale applicabile alle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, avvenuto con la legge di Bilancio 2025, diversi sono stati gli interventi legislativi e di prassi volti a precisare l’ambito applicativo delle nuove norme. In particolare, le risposte a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 233 e n. 237 del 2025 hanno destato non poche perplessità, sconfessando le modalità applicative del meccanismo forfettario di tassazione seguite dai vari stakeholder del settore.
L’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2025, del nuovo regime impositivo dedicato alla tassazione delle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, è indicativa del netto “cambio di passo” adottato dal legislatore per questa tipologia di fringe benefit: la scelta di sostituire il criterio graduato delle emissioni di CO₂ – con quello legato alla tipologia di alimentazione – è indubbiamente volta a disincentivare la circolazione dei veicoli endotermici.
Tuttavia, se è vero che i nuovi criteri alla base di questo sistema di tassazione sono senz’altro volti ad incentivare la mobilità green, è pur vero che la scelta di agevolare le sole ibride plug-in (oltre alle elettriche), rischia seriamente di generare una disparità di trattamento tra le diverse tipologie di ibride.
Nel mutato quadro normativo, infatti, il pericolo è quello di scoraggiare, nelle decisioni di aziende e lavoratori, il mercato delle ibride non alla spina (mild-hybrid e full-hybrid) che – nei fatti – vengono accomunate ai tradizionali veicoli alimentati a carburante.

Il nuovo regime fiscale delle auto aziendali ad uso promiscuo e il regime transitorio

La previsione di cui all’art. 51, comma 4, lettera a), del TUIR è stata riformata dal legislatore mediante l’art. 1, comma 48, della legge n. 207/2024 (legge di Bilancio 2025). Oggi, per i dipendenti, la base imponibile degli autoveicoli concessi in uso promiscuo, con contratti stipulati dal 2025, viene forfetariamente determinata assumendo una percentuale dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri, calcolata sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI.
Tale percentuale corrisponde:
– al 10%, per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica;
– al 20%, per i veicoli elettrici ibridi plug-in;
– al 50%, per i veicoli diversi dai precedenti.
Nell’intento di assicurare certezza e uniformità nell’applicazione della nuova norma, specialmente considerato il tempo solitamente intercorrente dal momento dell’ordine dei veicoli a quello della loro immatricolazione, con il D.L. n. 19/2025 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 60/2025) è stato in seguito introdotto il comma 48-bis all’art. 1 della legge di Bilancio 2025.
D’accordo con questo, rimane ferma l’applicazione del previgente testo dell’art. 51, comma 4, lettera a), del TUIR per i veicoli concessi in uso promiscuo entro il 2024 e per quelli ordinati nel 2024 ma concessi in uso promiscuo entro il 30 giugno 2025; per quelli, invece, consegnati in data successiva al 30 giugno 2025, trova applicazione la tassazione al valore normale, comunque al netto dell’utilizzo aziendale (cfr. risposta a interpello n. 192 del 22 luglio 2025 e circolare 10/E del 3 luglio 2025).
L’Agenzia delle Entrate ha dettagliatamente ricostruito le condizioni e gli elementi applicativi del nuovo art. 51, comma 4, lettera a), del TUIR con la circolare n. 10/E del 3 luglio 2025, a cui sono seguite alcune recenti risposte a interpello nelle quali l’Agenzia delle Entrate ha espresso il proprio parere sull’applicazione di un presupposto fondamentale, tanto nella precedente quanto nell’odierna versione della norma; ovvero, quello secondo cui la tassazione dell’auto aziendale per il dipendente deve avvenire “al netto delle somme eventualmente trattenute dal datore di lavoro” (“ammontari”, nel testo previgente).

La tassazione al netto di (quali?) somme trattenute al dipendente

Con la risposta a interpello n. 233 del 9 settembre 2025, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul caso – non infrequente – del datore di lavoro che intende riconoscere ai dipendenti la possibilità di richiedere, a loro spese, l’installazione di optional sulle auto aziendali concesse in uso promiscuo; a tal fine, il dubbio interpretativo nasce dall’applicazione dell’art. 51, comma 4, lettera a), TUIR, in relazione alle somme che il datore tratterrebbe ai dipendenti sul netto corrisposto in busta paga.
Sul caso, l’Agenzia delle Entrate, muove le proprie considerazioni a partire dall’interpretazione già fornita con i precedenti di cui alle circolari n. 326/E del 23 dicembre 1997 e n. 1/E del 19 gennaio 2007.
Al riguardo, viene ricordato che la determinazione (forfetaria) del valore imponibile per il dipendente dell’auto concessagli, prescinde da costi di utilizzo e percorrenze effettivi; allo stesso modo, è irrilevante che il lavoratore sostenga, in tutto o in parte, elementi di spesa già ricompresi nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI. Viene sottolineato, inoltre, che le somme corrisposte dal dipendente per la possibilità di utilizzare il veicolo promiscuamente (i.e., anche a fini personali) devono concorrere alla riduzione della base imponibile del fringe benefit, come previsto dalla norma.
Nel rispondere all’istante, dunque, l’Agenzia ha ritenuto che le somme trattenute ai dipendenti per l’installazione di optional non possono concorrere alla riduzione del valore imponibile del veicolo aziendale; ciò poiché la disposizione di cui all’art. 51 del TUIR (nella parte in commento) dovrebbe intendersi riferita non a qualsiasi somma trattenuta al lavoratore (o da lui versata) in relazione al veicolo assegnato, ma solamente a quelle eventualmente richieste dal datore per l’uso dell’auto aziendale anche a fini personali.
Con la risposta a interpello n. 237 del 10 settembre 2025, l’Agenzia è nuovamente intervenuta sull’ambito applicativo della disciplina dedicata alla tassazione delle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, stavolta in relazione ai veicoli ricaricabili (elettrici o plug-in). In questo caso, a beneficio di alcuni dipendenti, la società istante voleva concedere l’utilizzo di una card per ricaricare l’auto aziendale presso le colonnine pubbliche e a sue spese; al superamento di una determinata percorrenza, tuttavia, la società avrebbe richiesto in pagamento ai dipendenti – con apposita fattura – il costo dell’energia impiegata per l’uso privato del mezzo.
A fondamento delle conclusioni cui l’Agenzia perviene, anche qui, vi sono i principi contenuti nelle richiamate circolari n. 326/E/1997 e n. 1/E/2007. Nel merito, viene ritenuto che il mantenimento a carico della società delle spese per la ricarica del mezzo – mediante attribuzione della predetta card ai dipendenti – non costituisce un ulteriore fringe benefit tassabile (cfr. 
risposta a interpello n. 421 del 25 agosto 2023); il costo dell’energia elettrica (come quello di benzina, gasolio, ecc.) è infatti un valore, di per sé, già incluso nella base imponibile forfetaria calcolata secondo le tabelle ACI.
Inoltre, a detta dell’Agenzia, le somme addebitate ai dipendenti per il superamento di una percorrenza chilometrica annua prestabilita (i.e., per l’uso a fini personali del veicolo) non possono ridurre la base imponibile dell’auto aziendale poiché, secondo i richiamati precedenti, è irrilevante che il dipendente sostenga tutti o alcuni degli elementi già inclusi nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI.

Il (restrittivo) orientamento dell’Agenzia delle Entrate

Con le menzionate risposte a interpello, seppure in casi differenti, l’Agenzia ha espresso un parere decisamente restrittivo sull’ambito applicativo della disposizione in commento (“al netto delle somme eventualmente trattenute”).
Invero, considerando il testo e la ratio della norma – come pure interpretata nelle richiamate circolari n. 326/E/1997 e n. 1/E/2007 – risulta come questa debba trovare applicazione laddove sia richiesto al dipendente il versamento di una somma per il godimento dell’auto in uso promiscuo (mediante versamento o trattenuta). Tale meccanismo garantisce che il valore del benefit da tassare rifletta (seppure forfetariamente) il vantaggio economico conseguito dal lavoratore, escludendo da imposizione le somme eventualmente a suo carico per l’utilizzo – anche a fini personali – del veicolo concessogli.
Una lettura differente – come appare, invece, quella avvalorata dall’Agenzia delle Entrate -, comporterebbe l’assoggettamento a tassazione di un valore che non costituisce un vantaggio reale per il dipendente, bensì un mero “rimborso” di costi sostenuti.
Nelle fattispecie rappresentate nelle risposte in commento, il dipendente non ha ricevuto un’opera o prestazione distinta da assoggettare autonomamente a tassazione. Al contrario, in entrambi i casi, il dipendente è stato chiamato a contribuire al sostenimento di costi (installazione di optional ed energia per l’uso personale dell’auto ricaricabile) richiesti per l’utilizzo dell’auto aziendale che gli viene concessa anche per un utilizzo personale.
In altri termini, il valore del fringe benefit deve essere calcolato al netto delle somme trattenute o versate dal dipendente poiché la ratio legislativa che sovraintende la determinazione del reddito da lavoro dipendente è pur sempre quella di tassare l’effettivo valore trasferito in capo al dipendente in occasione del rapporto lavorativo. In tale chiave, dovrebbe interpretarsi la locuzione “al netto delle spese sostenute dal dipendente”.
Gianpaolo Sbaraglia

25 Novembre 2025


Fonte : WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro