L’INL, con la nota n. 1180 del 2025, ha fornito nuovi chiarimenti in merito all’utilizzo dei contratti di lavoro intermittente. Con l’intervento, reso necessario a seguito dell’abrogazione della tabella allegata al R.D. n. 2657 del 6 dicembre 1923 ad opera della legge n. 56/2025, l’Istituto precisa che non viene modificata la vigente disciplina del lavoro intermittente. Nel dettaglio, come e quando è ammesso il ricorso a tale tipologia contrattuale?
L’abrogazione della tabella allegata al R.D. n. 2657 del 6 dicembre 1923 ad opera della legge n. 56/2025 non fa venire meno la possibilità di stipulare contratti di lavoro intermittente per le tipologie elencate nella predetta tabella.
Lo ha chiarito l’Ufficio Legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con nota prot. n. 6495 del 9 luglio 2025, ripresa dall’INL che, nella nota n. 1180 del 10 luglio 2025 sottolinea che l’abrogazione del R.D. del 1923 non modifica la vigente disciplina del lavoro intermittente in quanto il rinvio operato dal D.Lgs. n. 276/2003 al Regio Decreto può considerarsi meramente materiale, concetto questo che già era stato affermato dallo stesso ministero del Lavoro con la circolare n. 34/2010.
Contratti di lavoro intermittente: come si utilizzano
Secondo il comma 1 dell’art. 13 del D.Lgs. 81 del 2015 con il contratto di lavoro intermittente un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
In mancanza di un contratto collettivo che ne preveda l’utilizzo, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso:
1. in ogni caso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni;
2. con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657.
In ogni caso “con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato”.
Questa tipologia contrattuale non può essere applicata ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Inoltre, ne è vietato l’utilizzo:
– ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori
– per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
– presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente o che hanno in corso una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente.
Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova e contenere tutte le informazioni che attengono allo svolgimento del rapporto di lavoro, in particolare per quanto riguarda le forme e le modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, nonché le modalità di rilevazione della prestazione.
Inoltre, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio con le modalità stabilite del Ministero del Lavoro.
Ai fini del computo dei dipendenti del datore di lavoro, il lavoratore intermittente è conteggiato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.
21 Luglio 2025
Fonte : WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro