Ticket Naspi sul licenziamento a carico del dipendente

27 Ottobre, 2020   |  

Il lavoratore che obbliga la ditta a licenziarlo rimborsa all’azienda la tassa per l’accesso all’indennità di disoccupazione.

Fine della pacchia, per i “furbetti delle dimissioni”: i lavoratori che non si dimettono e spariscono nel nulla, obbligando il datore di lavoro a licenziarli per giusta causa, sono infatti tenuti a pagare il cosiddetto ticket Naspi, o tassa sul licenziamento, a carico del datore di lavoro: lo ha deciso il tribunale di Udine, con una recente sentenza [1].

Della problematica relativa alle dimissioni di fatto del dipendente, che riguarda molte aziende, avevamo parlato più volte in passato (Cosa fare se un dipendente sparisce).

Ad oggi, la legge [2] prevede l’inefficacia delle dimissioni non rese con modalità telematiche sugli appositi moduli disponibili presso il sito web del ministero del Lavoro (salvo i casi di esonero); secondo un’importante sentenza della Cassazione [3], tuttavia, qualora il lavoratore si comporti in modo da dimostrare esplicitamente la volontà di recedere dal rapporto, si configurano delle dimissioni di fatto.

Il lavoratore, in ogni caso, ha tutto l’interesse a non rassegnare formalmente le dimissioni ma ad assentarsi ingiustificatamente facendosi licenziare: la cessazione dell’impiego per licenziamento, anche se per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, è infatti considerata come perdita involontaria dell’occupazione e dà diritto alla Naspi, l’indennità di disoccupazione spettante ai lavoratori dipendenti. Il diritto alla Naspi comporta però l’obbligo da parte dell’azienda di versare la tassa sul licenziamento, o ticket Naspi, che può superare i 1.500 euro in base all’anzianità del dipendente.

Tra le soluzioni possibili per evitare al datore di lavoro l’esborso della tassa sul licenziamento, è stata ipotizzata dalla dottrina l’assimilazione delle assenze ingiustificate del dipendente a un’aspettativa non retribuita.

La sentenza del tribunale di Udine [1] interviene dunque per chiarire l’annosa questione: l’azienda costretta a licenziare il dipendente per via delle assenze ingiustificate ha diritto a ottenere dal lavoratore il risarcimento del danno corrispondente all’importo del ticket Naspi versato all’Inps. La volontà di cessare il rapporto è difatti riconducibile esclusivamente al lavoratore, assentatosi deliberatamente al solo fine di farsi licenziare e poter così aver diritto alla Naspi.

note

[1] Trib. Udine, sent. 106/2020.

[2] Art. 26, Co.1, D.lgs. 151/2015.

[3] Cass. sent. 25583/2019.



Fonte : La Legge per Tutti