Riposo e orario di lavoro: le sanzioni per il datore

Durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale: le ore di riposo e la pausa tra un turno e l’altro.

Sarà anche vero che il lavoro nobilita l’uomo, ma lo stanca sicuramente. Specie se il lavoro è quello del dipendente, l’attività continuativa può portare a un forte logorio fisico e mentale. Ecco perché è la stessa Costituzione a stabilire il diritto del lavoratore al riposo giornaliero, settimanale e alle ferie retribuite [1]. Spesso però ci si chiede «quanto tempo devo lavorare di seguito?» oppure, al contrario, «quanto riposo mi spetta tra una giornata di lavoro e l’altra?». Le risposte sono sempre contenute nei contratti collettivi di categoria che, per quanto differenti tra loro a seconda del tipo di attività, devono comunque rispettare la cornice generale fissata dalla legge [2]. Legge che, salvo casi straordinari, nessun contratto collettivo può derogare. Anzi, se l’azienda viola tale disciplina subisce delle sanzioni particolarmente onerose, calcolate per ogni singolo dipendente. In questo articolo ci occuperemo proprio di questo delicato argomento: vedremo, in particolare, qual è il riposo e l’orario di lavoro dei dipendenti e indicheremo a quanto ammontano le sanzioni per il datore che non rispetta questa disciplina.

Durata massima dell’orario di lavoro giornaliero

Quante ore di seguito nell’arco della stessa giornata si può lavorare?

Per stabilire quanto riposo spetta a un dipendente si può partire dal definire qual è la durata massima dell’orario di lavoro [3]. La legge non fissa un orario di lavoro giornaliero massimo ma si riferisce all’orario settimanale. Un dipendente non può lavorare più di 40 ore settimanali. Tuttavia i contratti collettivi possono:

  • stabilire una durata inferiore;
  • riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno (cosiddetta orario multiperiodale).

Spetta ai contratti collettivi di lavoro stabilire la durata massima settimanale dell’orario di lavoro.

La durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario. A tal fine, la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.

I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite delle 48 ore fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi ma solo se sussistono ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

Se vengono superate le 48 ore di lavoro settimanale attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, alla scadenza del periodo di riferimento, la Direzione provinciale del lavoro – Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto obbligo di comunicazione.

Come visto, la legge non prevede un limite giornaliero di durata della prestazione lavorativa. Tuttavia tale limite può essere determinato in 13 ore giornaliere (ferme restando le pause), interpretando “a contrario” le disposizioni in materia di riposi giornalieri e pause.

Sanzioni per il datore di lavoro

Se l’azienda viola i limiti di orario giornaliero di lavoro appena indicati rischia una sanzione che va da 200 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno tre periodi di riferimento, la sanzione amministrativa è da 800 a 3.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori oppure si è verificata in almeno cinque periodi di riferimento la sanzione amministrativa è da 2.000 a 10.000 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Lavoro straordinario

Quante ore di straordinario posso essere obbligato a fare?

Il datore di lavoro non può “esagerare” con il lavoro straordinario: questo deve essere cioè “contenuto”. Fermo il rispetto dell’orario giornaliero di lavoro, spetta ai contratti collettivi di lavoro prevedere eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario; il dipendente quindi deve prima verificare cosa dice il proprio contratto.

Se il Ccnl non regola il lavoro straordinario si applica la disciplina generale della legge che stabilisce [4] un limite massimo di 250 ore all’anno.

Quando è possibile il lavoro straordinario?

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:

  • casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
  • casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
  • eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonchè allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti

Come viene pagato il lavoro straordinario?

Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

Sanzioni per il datore di lavoro

Se il datore di lavoro non rispetta i limiti del lavoro straordinario che abbiamo appena indicato rischiano sanzione da 25 a 154 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata nel corso dell’anno solare per più di cinquanta giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da 154 a 1.032 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Riposo giornaliero

Quanto tempo deve passare tra una giornata di lavoro e l’altra?

Vediamo ora a quante ore di riposo al giorno si ha diritto. Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.

Inoltre, quando l’orario di lavoro giornaliero supera le 6 ore, il lavoratore ha diritto ad una pausa.

La durata e la modalità della pausa sono di norma fissate dai contratti collettivi.

Se il contratto collettivo non prevede l’intervallo, il lavoratore ha diritto ad una pausa (anche sul posto di lavoro) di non meno di 10 minuti consecutivi.

Spetta al datore di lavoro stabilire in quale momento della giornata fissare la pausa; questi la può collocare – tenuto conto delle esigenze tecniche dell’attività lavorativa – in qualsiasi periodo della giornata lavorativa (e non necessariamente trascorse le 6 ore di lavoro).

Quindi, nell’ipotesi in cui l’organizzazione del lavoro preveda la giornata c.d. spezzata (ad esempio: 8,30-12,30/13,30-17,30), la pausa può coincidere con il momento di sospensione dell’attività lavorativa (cosiddetta pausa pranzo).

Sanzioni per il datore di lavoro

Se l’azienda viola i termini appena detti rischia una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 300 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è da 600 a 2.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è da 1.800 a 3.000 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Riposi settimanali

A quanti giorni di riposo ho diritto in una settimana?

Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni.

Fanno eccezione:

  • attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
  • le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
  • per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario.

Il datore può darmi come riposo un giorno della settimana che non è domenica?

Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico- organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:

  • operazioni industriali per le quali si abbia l’uso di forni a combustione o a energia elettrica per l’esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonchè attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;
  • attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
  • industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all’anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;
  • i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;
  • attività che richiedano l’impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia.

note

[1] Art. 36 Cost..

[2] D.lgs. n. 66/2003.

[3] Art. 4 D.lgs. n. 66/2003.

[4] Art. 5 D.lgs. n. 66/2003.

[5] Art. 7 D.lgs. n. 66/2003.

[6] Art. 9 D.lgs. n. 66/2003.

[7] Art. 18-bis D.lgs. n. 66/2003.

 


5 Gennaio 2018