Le dimissioni dal lavoro a una svolta

12 Dicembre, 2023   |  

Da settembre 2015, da quando con il D.L.vo n. 151, fu previsto che le dimissioni dal lavoro e le risoluzioni consensuali, in caso di contratto a tempo indeterminato, dovessero avvenire in un modo soltanto, quello della manifestazione di volontà attraverso il sistema telematico fornito dal Dicastero del Lavoro, tra gli operatori si pose la questione di cosa sarebbe accaduto nel caso in cui un dipendente si fosse allontanato definitivamente senza rassegnare le proprie dimissioni nell’unica maniera stabilita dalla Legge. Ciò in quanto al datore di lavoro, per “liberarsi” del dipendente non più presente, restava (e resta) una sola via: quella del licenziamento, con contestazione della mancanza, alla quale seguiva (e segue) il pagamento del contributo di ingresso alla NASPI che, per una anzianità pari o superiore ai 3 anni è, oggi, pari a 1.809,30 euro.

Prima del 2015, a seguito della riforma introdotta dalla legge n. 92/2012, era possibile, attraverso una specifica procedura, avvertire il dipendente della necessità di sottoscrivere l’atto delle proprie dimissioni, avvertendo che, trascorsi 30 giorni, le stesse erano intese come avvenute.

Le domande alla quale i datori non hanno, finora, trovato risposta sono le seguenti:
a) perché si deve porre in essere questa procedura e, soprattutto, pagare, il contributo per la NASPI, se il lavoratore ha scelto, autonomamente, di andar via dal posto di lavoro?
b) perché, a seguito del pagamento del contributo di ingresso alla NASPI, l’ex dipendente può fruire del trattamento di disoccupazione o anche, presentarsi ad un nuovo datore, portando “in dote” il beneficio, pari al 20% dell’indennità non ancora percepita all’atto dell’assunzione?
c) perché non è possibile ritenere le dimissioni come “valide” alla luce dei c.d. “facta concludentia”?
A quest’ultima domanda ha risposto, un paio di mesi or sono, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27331/2023 la quale ha affermato che, alla luce dell’art. 26 del D.L.vo n. 151/2015, le dimissioni e le risoluzioni consensuali debbono, necessariamente, passare, pena l’inefficacia degli atti, attraverso la procedura telematica prevista dal D.M. applicativo. Le uniche eccezioni sono quelle conciliative avanti agli organismi ex art. 410 e 411 cpc e quelle avanti ad un funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro ex art. 55 del D.L.vo n. 165/2001. Tale principio, della c.d. “tipicità delle forme”, supera il concetto che fa riferimento ai “facta concludentia” seguito, ad esempio, dal Tribunale di Udine con la sentenza n. 20 del 27 maggio 2022. Per completezza di informazione, ricordo che per “fatti concludenti” si intende ogni forma di manifestazione tacita della volontà che è incompatibile con una volontà diversa da come si atteggiano i fatti stessi (nel nostro caso, l’assenza ingiustificata dal lavoro).

A tutte le altre domande risponde, invece, il Governo presentando un disegno di legge, ora all’esame del Parlamento ove, con l’art. 9, viene inserito, all’interno, dell’art. 26, un nuovo comma , il 7-bis, che recita: “In caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 5 giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina di cui al presente articolo”.

Tutto questo, una volta che il provvedimento riceverà il “via libera” dalle Camere starà a significare che:
a) In caso di dimissioni non formalizzate attraverso la procedura, il datore di lavoro dovrà verificare ciò che dispone il proprio CCNL in caso di assenza ingiustificata protratta per più giorni (ad esempio, quello dei metalmeccanici ne prevede 3): se il CCNL non dovesse dire nulla, sarà necessario attendere almeno 6 giorni (il disegno di legge parla di un termine superiore a 5 giornate) ed il rapporto sarà risolto per volontà del dipendente. Ovviamente, prima di procedere sarà opportuno verificare se l’assenza sia dovuta a motivazioni giustificabili;
b) L’assenza ingiustificata protratta per più giornate farà sì che il datore non debba più procedere al licenziamento ed al conseguente “esborso” del contributo di ingresso alla NASPI.

Autore: Eufranio Massi
Fonte FISCAL FOCUS


Fonte : Dottrina Lavoro