Le assunzioni degli under 35: si sblocca l’impasse [E.Massi]

Il Ministro del Lavoro, attraverso un proprio provvedimento, ha sbloccato l’agevolazione per assumere giovani Under 35 con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Ci sono voluti più di 14 mesi per sbloccare la disposizione in base alla quale le agevolazioni previste dai commi 100 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 205/2017 in favore dei giovani di età compresa tra i 30 ed i 35 anni (c.d. Under 35), potessero essere riconosciute.
Nel 2019, infatti, tutti gli operatori del settore hanno atteso che il Ministro del Lavoro, attraverso un proprio provvedimento, desse piena attuazione alla norma, inserita nel c.d. “Decreto Dignità”, finalizzata alla fruizione delle agevolazioni correlate ai giovani di età compresa tra i 30 ed i 35 anni, assunti per la prima volta con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Tutto questo, perché il Legislatore, convertendo, con modificazioni, il D.L. n. 87/2018, aveva inserito l’art. 1-bis, prevedendo sgravi contributivi in favore dei datori di lavoro che, senza esservi tenuti, avessero assunto con contratto a tempo indeterminato, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 ed il 31 dicembre 2020 lavoratori di età compresa tra i 30 ed i 35 anni (“rectius” 34 anni e 364 giorni).

Per far ciò, invece di intervenire sul comma 102 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 che li aveva previsti soltanto per il 2018, aveva provveduto a riscrivere la norma creando una serie di equivoci e, soprattutto, e rimandando ad un Decreto “concertato” tra il Ministro del Lavoro e quello dell’Economia, l’indicazione delle modalità di fruizione delle agevolazioni. Tale provvedimento doveva uscire entro il 12 ottobre 2018 ma non ha mai visto la luce e, di conseguenza, per tutto il 2019, il beneficio, del tutto uguale a quello già previsto dalla legge n. 205/2017 non è stato usufruito da alcuno ed i datori di lavoro che hanno, comunque, proceduto alle assunzioni, nella speranza di una emanazione dell’atto, hanno regolarmente pagato le contribuzioni dovute. Tutto questo ha creato una serie di situazioni particolarmente critiche che poco hanno a che fare con la chiarezza delle disposizioni che i cittadini pretendono sia dal Parlamento che dagli organi amministrativi chiamati a darne esecuzione.

Ora, il problema si avvia a soluzione tornando a privilegiare quella che, anche allora, si presentava come la soluzione più semplice (non c’era bisogno di “riscrivere” la norma ma era sufficiente prorogare i termini di operatività di quanto era stato disposto in precedenza).
Attraverso il comma 10 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, si supera l’impasse e la mancanza di coordinamento, più volte lamentata dagli “addetti ai lavori”: essi vengono risolti con l’abrogazione dei commi da 1 a 3 dell’art. 1-.bis del D.L. n. 87/2018 e con l’aggiunta al comma 102 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 di una frase che prolunga i benefici già previsti per l’anno 2018, fino al 2020. Per completezza di informazione, ricordo che il predetto comma 10, richiama espressamente i commi da 100 a 108 e da 113 a 115 dell’art. 1.

Per la piena operatività della disposizione occorrerà attendere una circolare applicativa dell’INPS la quale non potrà che ricalcare la n. 40 del 3 marzo 2018 e che, al contempo,  dovrà definire la modalità di fruizione per quelle imprese che hanno assunto nel corso del 2019 giovani in possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla norma e per i quali è stata pagata la contribuzione ordinaria: probabilmente, una volta verificata la sussistenza delle condizioni, si opererà attraverso il sistema del conguaglio contributivo.

Fatta questa breve premessa cerco di individuare i punti salienti della normativa per gli “under 35”: ovviamente, il riferimento amministrativo non potrà che essere la circolare INPS n. 40/2018 la quale, sulla base della normativa ora richiamata, stabilì le indicazioni operative anche per le assunzioni degli “under 35”, sia pure limitatamente al 2018.
I destinatari dei benefici assunzioni Under 35
Destinatari dei benefici sono i datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori (con esclusione dei datori di lavoro domestici) e gli Enti pubblici Economici: la Pubblica Amministrazione i cui soggetti sono, in gran parte, individuati nell’art. 1, comma 2, della legge n. 165/2001 e gli Enti Pubblici non economici indicati da una serie di disposizioni particolari (ad esempio, le c.d. “Authority” o gli Istituti previdenziali) restano fuori.

I datori di lavoro interessati non debbono aver proceduto, nei sei mesi antecedenti l’instaurazione del rapporto, a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o per riduzione collettiva di personale nella unità produttiva interessata all’assunzione.
Sempre restando sul tema, ricordo che il comma 105 stabilisce la revoca del beneficio e la restituzione dello stesso nel caso in cui, nella unità produttiva considerata, si proceda al licenziamento del lavoratore assunto o di altro con la medesima qualifica: il tutto, nei sei mesi successivi all’assunzione.

L’incentivo previsto dalla legge n. 205/2017 ha natura strutturale per i giovani fino ai 29 anni e 364 giorni, mentre è, ora, limitata al 31 dicembre 2020 per coloro che, superata tale soglia, hanno una età inferiore ai 35 anni.
Con il comma 100 si intende favorire l’occupazione stabile dei giovani attraverso la promozione del contratto a tempo indeterminato (si citano, a mio avviso, impropriamente, le tutele crescenti ex D.L.vo n. 23/2015 che riguardano il momento della cessazione del contratto a tempo indeterminato per licenziamento): del resto, la norma appena richiamata, parla “tout court” di contratto a tempo indeterminato, senza altre esplicitazioni). Di tale opinione è anche la circolare n. 40 che definisce l’espressione “contratto a tutele crescenti” come “atecnica”, in ciò superando alcune interpretazioni di segno diverso.

Dal 1° gennaio 2018 (e, quindi, per gli “under 35” per i contratti di assunzione che avranno entro il 31 dicembre 2020) viene riconosciuto, per un massimo di 36 mesi, un esonero contributivo pari al 50% dei complessivi contributi previdenziali, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di 3.000 euro all’anno, riparametrato e applicato su base mensile.
Il concetto di riparametrazione ed applicazione su base mensile è stato ben chiarito al punto 8 della circolare n. 40/2018: la soglia massima di esonero contributivo fruibile è pari a 250 euro (3000/12). Per i rapporti instaurati o risolti in corso di mese, la soglia va riproporzionata assumendo a calcolo euro 8,06 al giorno (250/31).

Il Legislatore, parlando dei benefici contributivi, adopera termini che, in passato, sono stati adoperati sia per l’esonero triennale che per quello biennale.

Ciò significa che nella definizione del tetto massimo di agevolazione contributiva annua pari al 50% dei contributi dovuti per un importo massimo fissato a 3.000 euro non rientrano (e quindi sono dovuti):

  • i premi e contributi INAIL, in quanto è la stessa norma (comma 100) a prevederlo;
  • i contributi, se dovuti, al Fondo per l’erogazione del TFR previsto dall’art. 2120 c. c.. Ne parla il comma 755 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, per effetto della esclusione dalla applicazione dei benefici, stabilita dal successivo comma 756 ;
  • il contributo, ove dovuto, ai fondi bilaterali o di solidarietà previsti dagli articoli 26, 27, 28 e 29 del D.L.vo n, 148/2015, nonché al Fondo di solidarietà intersettoriale delle Province autonome di Trento e Bolzano come previsto dall’art. 40 dello stesso decreto legislativo;
  • lo 0,30% previsto dall’art. 25, comma 4, della legge n. 845/1978 per i datori che aderiscono ai fondi interprofessionali istituiti ex art. 118 della legge n. 388/2000;
  • il contributo di solidarietà per la previdenza complementare ed i fondi di assistenza sanitaria ex lege n. 166/1991;
  • il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo e quello per gli sportivi professionisti previsti dal D.L.vo n. 166/1997.

L’agevolazione postula una “conditio sine qua non”: il giovane “under 35” (ma il discorso vale anche per gli altri), fatta salva l’ipotesi di un contratto di apprendistato svolto presso altro datore, non deve essere stato mai assunto a tempo indeterminato né presso l’impresa “assumente”, né presso altro datore. Il beneficio scatta anche in caso di trasformazione del rapporto a termine in corso, a condizione che il lavoratore non abbia compiuto i 35 anni e sia al primo impiego a tempo indeterminato. La trasformazione, qualora il datore abbia versato il contributo addizionale dell’1,40% (ma anche quello progressivo dello 0,5%), offre la possibilità del recupero di taliu somme.
Risulta preclusivo alla fruizione dello sgravio contributivo anche l’esistenza di un altro rapporto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, svoltosi all’estero, mentre un accertamento ispettivo che ha portato al riconoscimento della subordinazione a tempo indeterminato per un rapporto che tale non era (ad esempio, perché costituito come collaborazione) porta alla sospensione della agevolazione ed alla restituzione di quanto già fruito.

Va, inoltre chiarito che:

  • in caso di cessione di contratto ex art. 1406 c. c., il subentrante continua a beneficiare degli sgravi contributivi fino alla scadenza (ovviamente, deve essere in regola con tutte le previsioni individuate dal Legislatore e dall’INPS in via amministrativa);
  • in caso di trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c., le agevolazioni si trasferiscono in capo al subentrante fino alla scadenza.

Criticità dell’agevolazione per gli Under 35
La disposizione presenta alcune criticità che ritengo opportuno sottolineare e che traggono origine dallo stesso dettato normativo.

Sono esclusi dalla opportunità occupazionale agevolata giovani che hanno già avuto un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ma dal quale si sono dimessi, per le più svariate ragioni (giusta causa, lavoro non soddisfacente, o limitato nell’orario), o, magari, sono stati licenziati per un giustificato motivo oggettivo (crisi aziendale, chiusura di reparto o unità produttiva, esternalizzazione, cambio di appalto con riduzione delle ore lavorate, ecc.) o durante il periodo di prova (che potrebbe essere durato soltanto una giornata).

La questione appena evidenziata potrebbe riguardare anche donne che si sono dimesse nel “periodo protetto” e che, poi, superata la fase di assestamento legata al bambino e avendo ancora l’età anagrafica, trovino una opportunità lavorativa a tempo indeterminato (magari, a tempo parziale) presso un altro datore: anche per costoro la norma legale “pone un disco rosso”.

La stessa cosa si potrebbe dire per quelle donne che hanno ricevuto “attenzioni particolari” che si dimettono senza fare denunce: se trovano un nuovo posto a tempo indeterminato ed hanno, ancora l’età, non possono “portare in dote” lo sgravio contributivo.

Forse, con una “scrittura diversa della norma” da parte del Legislatore, questo ed altri problemi si sarebbero potuti evitare.
Dall’ambito di applicazione (comma 114) sono esclusi il rapporto di lavoro domestico (per la specialità del rapporto) ed il contratto di apprendistato che “gode” della propria contribuzione specifica e delle altre agevolazioni anche di natura normativa indicate dal D.L.vo n. 81/2015 e, per le imprese artigiane, dalle altre indicazioni fornite dalla legge n. 443/1985. La circolare chiarisce, ma senz’altro non ce n’era bisogno considerando la specialità dal rapporto (280 ore al massimo l’anno e 2.500 euro di compenso presso lo stesso datore), che lo sgravio contributivo non viene riconosciuto per le prestazioni occasionali la cui disciplina è fissata dall’art. 54-bis della legge n. 96/2017 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 50/2017.

L’assunzione, non essendoci una preclusione specifica, potrà avvenire anche a tempo parziale, nel rispetto, laddove individuato dalla contrattazione collettiva, del limite orario settimanale.

Il rispetto della previsione del CCNL, è obbligatorio in quanto una delle condizioni richieste dalla norma (art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006) per la fruizione di benefici contributivi è il rispetto del trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative anche a livello territoriale od aziendale, se esistenti. Ovviamente, le altre condizioni richieste sono rappresentate dalla regolarità contributiva e dal rispetto di alcuni principi fissati dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015 (ad esempio, diritto di precedenza regolarmente esternato, presenza di lavoratori in integrazione salariale straordinaria con la stessa qualifica nell’unità produttiva interessata all’assunzione).

L’assunzione incentivata, essendo stato richiamato il D.L.vo n. 23/2015, riguarda i quadri, gli impiegati e gli operai con esclusione dei dirigenti, in quanto sono esclusi dall’ambito di applicazione del Decreto in questione.

Cumulabilità del beneficio
Il beneficio, (comma 114) non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previste dalla normativa vigente (ad esempio, donne prive di impiego regolarmente retribuito da oltre 24 mesi) mentre la circolare n. 40, parla di piena cumulabilità oltre che con le agevolazioni previste per le Regioni del Meridione dal comma 893 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 (cosa che consente il raggiungimento del 100% degli sgravi contributivi, per dodici mesi, per i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati nel corso dell’anno appena trascorso, ma anche per il 2020, attesa la proroga contenuta nella legge n. 160/2019, nella norma “ad incastro”, inserita nell’ultima parte del comma 10 dell’art. 1),  anche per quelle di natura economica previste:

  • dall’art. 13 della legge n. 68/1999 che riguarda i portatori con handicap fisico o psico-intellettivo notevolmente accentuato i cui chiarimenti amministrativi sono stati forniti con la circolare INPS n. 99/2016;
  • dall’incentivo per l’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore in NASPI (art. 10-bis della legge n. 92/2012) pari al 20% dell’indennità che sarebbe spettata al lavoratore per la parte residua del trattamento. Qui, però, occorre rispettare la disciplina comunitaria sul “de minimis” spiegata, più volte, dall’INPS in varie circolari tra cui si ricordano la n. 128 del 2012 e le n. 40 e n. 41 del 2017.

14 Gennaio 2020


Fonte : Dottrina Lavoro