Lavoratrice madre: tutte le regole per dimissioni e licenziamento

3 Maggio, 2018   |  

Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, oltre a dettare disposizioni in ordine alle assenze legittime dal lavoro, retribuite o meno, in capo alla lavoratrice ed al lavoratore aventi diritto, prevede una serie di ulteriori disposizioni poste a tutela dei soggetti medesimi, specialmente con riferimento alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro.

Dimissioni della lavoratrice madre – La lavoratrice madre che presenta dimissioni volontarie durate il periodo tutelato contro il licenziamento, quindi fino al compimento del primo anno di vita del bambino, ha diritto a percepire il trattamento di NASpI, che, in via ordinaria spetta soltanto a coloro che perdono il lavoro involontariamente, quindi per licenziamento o dimissioni per giusta causa. A tal fine, tuttavia, la lavoratrice è obbligata a seguire una procedura particolare per presentare le proprie dimissioni volontarie, che devono essere convalidate presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente. Solo in presenza della convalida le dimissioni diventano effettive e danno diritto al sussidio di disoccupazione.

La legge prevede inoltre che la lavoratrice che si dimette durante il primo anno di vita del bambino non è tenuta a rispettare gli ordinari termini di preavviso: il datore di lavoro è dunque tenuto a corrispondere la relativa indennità.

Divieto di licenziamento – Il nostro ordinamento prevede la non licenziabilità della lavoratrice dal momento dell’accertamento della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del figlio.

La legge prevede alcune fattispecie di deroga all’applicabilità di tale divieto, in caso di:

  • colpa grave della lavoratrice legittimante la cessazione del rapporto di lavoro;
  • cessazione dell’attività dell’azienda provata in cui la lavoratrice è stata assunta;
  • rapporto di lavoro risolto per scadenza del termine di durata;
  • mancato superamento del periodo di prova.

Al di fuori di questi casi, la risoluzione del rapporto di lavoro deve considerarsi nulla ad ogni effetto di legge, con contestuale comminazione della sanzione amministrativa da euro 1032,91 ad euro 2582,28 cui è esclusa la possibilità di effettuare il pagamento in misura ridotta in caso di ravvedimento su diffida da parte del datore di lavoro. Le uniche eccezioni a questi divieti si hanno in caso di:

  • licenziamento per giusta causa;
  • cessazione dell’attività aziendale;
  • mancato superamento del periodo di prova.

N.B. Il divieto di licenziamento si estende anche al lavoratore padre che fruisce al posto della madre del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di età del bambino.

Convalida delle dimissioni – In caso di dimissioni volontarie presentate nei primi tre anni di vita del bambino, la lavoratrice ha diritto:

  • a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso;
  • a percepire la Naspi; il datore di lavoro sarà tenuto, in questo caso, a versare all’INPS il ticket di licenziamento, se le dimissioni vengono rese entro il primo anno di vita del bambino.

È opportuno ricordare che devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio (ITL):

  • la risoluzione consensuale del rapporto o le dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza;
  • la risoluzione consensuale del rapporto o le dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.

A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.

N.B. Sono inefficaci le dimissioni rassegnate telematicamente dalla data del 12 marzo 2016 così come disciplinate dal D.Lgs. n. 151/2015.

La Sezione lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 4919 del 03 marzo 2014, ha stabilito che, in caso di dimissioni presentate dalla lavoratrice madre prima del compimento di un anno di età del bambino è sempre dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso prevista dall’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 anche qualora le stesse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice, e dei soggetti ad essa equiparati, alle dipendenze di altro datore di lavoro.

Naspi e dimissioni – Le dimissioni presentate successivamente al compimento del primo anno di età del figlio e fino al compimento del terzo anno di età, devono comunque essere convalidate secondo le disposizioni dettate dalla suddetta norma, ma non danno diritto alla lavoratrice dimissionaria, o al lavoratore, alle indennità stabilite dalla legge o dal contratto, tra cui, appunto, il preavviso. Possono beneficiare della Naspi tutte le lavoratrici dipendenti, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, anche assunte con rapporti part-time, a condizione che sussistano i seguenti due requisiti:

  1. possesso di almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni che precedono la cessazione del rapporto di lavoro; A tal fine si considerano utili solo i contributi effettivi derivanti da rapporto lavorativo, per i quali il datore versa l’aliquota DS/Aspi. Possono comunque considerarsi utili anche i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria, se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione, ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
  2. 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione; a tal fine vanno prese in considerazione le sole giornate di effettiva presenza al lavoro a prescindere dalla loro durata oraria. Non rilevano dunque le assenze dal posto di lavoro dovute alla fruizione di specifici benefici previsti dalla legge come, ad esempio, le ferie, festività, permessi, congedi, malattia. I periodi di assenza dal lavoro per maternità obbligatoria, se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione, ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro, ove si verifichino o siano in corso nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione, determinano un ampliamento di pari del periodo di dodici mesi all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate. L’ampliamento del periodo di osservazione si realizza anche per malattia e infortunio sul lavoro nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro.


Fonte : Fiscal Focus