Demansionamento del lavoratore: quando è possibile?

16 Febbraio, 2018   |  

Si ha demansionamento quando il lavoratore è adibito a mansioni diverse rispetto a quelle indicate nel contratto di assunzione ed inferiori rispetto alla sua abituale posizione lavorativa.

Nel contratto di lavoro è in genere indicata la posizione per cui il dipendente è assunto: detta posizione si identifica in base al cosiddetto “livello”, secondo la classificazione operata dal contratto collettivo nazionale applicato, e in base alla mansione.

Ad esempio, secondo il Ccnl Commercio, per un dipendente assunto al 6° livello corrispondono diverse mansioni: dal cassiere al commesso, all’addetto alle vendite ecc. [1].

La suddivisione in livelli consente di distinguere l’ammontare della retribuzione relativa a ciascun lavoratore sulla base dell’attività svolta.

Dispone la legge [2] che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto e che non possa essere impiegato in mansioni inferiori.

Il lavoratore può eventualmente essere assegnato a mansioni differenti purchè rientranti nello stesso livello di inquadramento previsto nel contratto di assunzione; egli può essere anche adibito a mansioni superiori, ma ciò a condizione che vi sia un adeguamento corrispondente della retribuzione.

Si ha viceversa demansionamento quando al lavoratore sono attribuite mansioni inferiori: ad esempio, tornando al contratto collettivo per il settore “commercio”, si ha demansionamento quando al cassiere viene attribuito stabilmente il compito di svolgere le pulizie dei locali (quest’ultimo inquadrato al livello 7).

Di recente, il Jobs Act [3] è intervenuto sulla norma di legge aggiungendo tre ipotesi in cui è legittima l’assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori:

1- in caso di modifica degli assetti organizzativi, il lavoratore può essere adibito a mansioni inferiori purchè rientranti nella medesima categoria legale (e cioè, un impiegato, non può diventare operaio) [4];

2- per disposizione del contratto collettivo, e, anche in questo caso, purchè il lavoratore rimanga nella medesima categoria legale [5]; in tali ipotesi, il demansionamento va comunicato per iscritto ed il lavoratore mantiene la retribuzione corrispondente al livello – superiore – per cui è stato assunto [6];

3- a seguito di accordo sottoscritto in sedi protette – ad esempio, in sede sindacale. In tale ipotesi, la legge ritiene che i diritti del lavoratore siano adeguatamente tutelati dall’assistenza specifica di cui questi gode e dunque sia possibile derogare sia alle mansioni previste dal contratto di assunzione, sia alla retribuzione [7].

Già in passato la Giurisprudenza della Corte di Cassazione aveva legittimato alcune ipotesi di demansionamento [8] per consentire, in caso di crisi aziendale, la conservazione del posto di lavoro (seppur con mansioni differenti ed inferiori).

Laddove il demansionamento sia disposto in casi diversi da quelli previsti per legge e ora ricordati, il lavoratore ha diritto ad ottenere il riconoscimento del livello e delle mansioni già indicati nel contratto di assunzione e ad essere effettivamente adibito alle mansioni relative, nonchè, eventualmente, al risarcimento del danno subito.

note
[1] Art. 100 Ccnl Commercio.

[2] Art. 2103 Cod. Civ..

[3] Art. 3 d.lg. 15 giugno 2015 n. 81.

[4] Art. 2103 co. 2 Cod. Civ..

[5] Art. 2103 co. 4 Cod. Civ..

[6] Art. 2103 co. 5 Cod. Civ..

[7] Art. 2103 co. 6 Cod. Civ..

[8] Cass. sent. n. 11395/14; Cass. sent. n. 25074/13; Cass. sent. n. 2375/05.



Fonte : La Legge per Tutti