Maternità anticipata per lavoro o gravidanza a rischio: cosa c’è da sapere

15 Ottobre, 2021   |  

Gravidanza a rischio e lavoro a rischio: ecco cos’è e come funziona la maternità anticipata ovvero l’interdizione o astensione anticipata.

Gravidanza a rischio e lavoro a rischio (lavoro rischioso) sono i due casi in cui la madre può ottenere la maternità anticipata (o astensione o interdizione anticipata dal lavoro) che è un diritto riconosciuto alla lavoratrice. In determinate situazioni pertanto la madre può anticipare la maternità obbligatoria e astenersi dal lavoro già durante i primi mesi di gravidanza. La legge riconosce infatti alla dipendente in gravidanza la possibilità di anticipare l’astensione dal lavoro rispetto ai termini ordinari della astensione per maternità obbligatoria.

L’interdizione anticipata per maternità può essere disposta dall’ASL (gravidanza a rischio) o dagli Uffici Territoriali dell’Ispettorato Nazionale Lavoro (lavoro a rischio) al ricorrere di particolari condizioni riguardanti l’ambiente di lavoro, le caratteristiche dell’attività svolta o le condizioni di salute della gestante.

Aggiornamento del 13 ottobre 2021: l’INL, con Nota numero 1550 del 13 ottobre 2021, ha fornito nuove indicazioni in merito alle procedure di rilascio dei provvedimenti di maternità anticipata.

Vediamo nel dettaglio quando si può richiedere l’astensione anticipata per maternità e come ottenerla; poi ricordiamo in breve come funziona la maternità obbligatoria e infine chiudiamo la guida con l’Istituto poco conosciuto della maternità posticipata.

Maternità anticipata: quando si può chiedere e chi può disporla
Il congedo di maternità può essere anticipato, ovvero può iniziare prima dei termini della maternità obbligatoria su esposta, per:

  • Gravi complicanze della gravidanza o persistenti forme morbose che possono essere aggravate dalla gravidanza;
  • Condizioni di lavoro pregiudizievoli alla salute della donna e del nascituro;
  • Attività faticosa o insalubre ovvero che espone la lavoratrice a rischi per la salute e la sicurezza e non può essere spostata ad altre mansioni.

In tal caso si parla di maternità anticipata INPS, ovvero di interdizione anticipata dal lavoro per maternità a rischio indennizzata dall’INPS.

Lavoro a rischio
Maternità anticipata per lavoro a rischio: il provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro può essere disposto, a seconda dei casi, dall’ASL o dagli Uffici Territoriali dell’Ispettorato Nazionale Lavoro.

In particolare, è l’ASL a decretare l’astensione in caso di gravi complicazioni della gravidanza o persistenti forme morbose. Nelle restanti ipotesi organo competente è l’Ispettorato territoriale del lavoro; nello specifico quando sono presenti condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli ovvero la lavoratrice svolge un’attività pericolosa, faticosa o insalubre.

In mancanza del provvedimento da parte dell’ASL o della INL l’azienda non può disporre unilateralmente l’interdizione anticipata dal lavoro.

Gravidanza a rischio
La maternità anticipata per gravidanza a rischio è prevista nei casi di gravi complicazioni della gestazione o persistenti forme morbose; è la lavoratrice stessa ad inoltrare apposita domanda all’ASL e in questo caso si dovrà allegare il certificato medico di gravidanza da cui emergono le sue condizioni di salute.

L’ASL ha 7 giorni di tempo dalla presentazione della domanda per pronunciarsi in merito, decorsi i quali vale il silenzio assenso. In caso di diniego, è necessario comunicarne i motivi alla lavoratrice. Quest’ultima entro i 10 giorni successivi può presentare ulteriori documenti e osservazioni.

Al contrario, quando sono presenti condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli ovvero la lavoratrice svolge un’attività pericolosa o insalubre, la maternità anticipata può essere richiesta dalla lavoratrice, dall’azienda o direttamente dall’Ispettorato del lavoro.

Quando sono la dipendente o l’azienda a chiedere l’interdizione dal lavoro devono presentare all’ITL una dichiarazione del datore di lavoro dalla quale risulti, in base ad elementi tecnici riguardanti l’organizzazione aziendale, l’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni. Una volta acquisita la domanda, l’ITL può effettuare le opportune verifiche e delegare all’ASL gli accertamenti sanitari.

Da ultimo, nel caso in cui sia l’ITL a disporre direttamente la maternità anticipata, la stessa può prescindere dall’acquisizione di un parere medico e dedicarsi solo alle verifiche di sua competenza.

Certificato gravidanza a rischio
Il certificato di gravidanza a rischio può quindi essere rilasciato dalla ASL (ginecologo pubblico), ma anche dal ginecologo privato.

La differenza è che:

  • il primo (ovvero quello rilasciato dal medico della ASL ovvero dal ginecologo pubblico) vale per tutto il periodo e cioè fino all’inizio della maternità obbligatoria;
  • il certificato di gravidanza a rischio rilasciato dal ginecologo privato ha invece validità limitata (solitamente 30 giorni) e andrà quindi rinnovato periodicamente.

Da quando decorre la maternità anticipata
Nelle ipotesi in cui l’interdizione anticipata è disposta dall’ASL, la maternità decorre dalla data di inizio dell’astensione dal lavoro, risultante dal Libro unico del lavoro e dal certificato medico rilasciato alla dipendente. L’assenza non può pertanto decorrere da una data antecedente rispetto a quella di rilascio del certificato ASL.

Al contrario, quando è l’INL a disporre la maternità anticipata, questa decorre dalla data del relativo provvedimento. L’Ispettorato può tuttavia disporre l’astensione immediata dal lavoro quando l’azienda produce una dichiarazione da cui risulta l’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni.

Procedure rilascio provvedimenti di maternità anticipata: nuove indicazioni dell’INL
Proprio sulla decorrenza della maternità anticipata, come detto in premessa l’INL, con Nota Giuridica numero 1550 del 13 ottobre 2021, ha fornito nuove indicazioni in merito alle procedure di rilascio dei provvedimenti di maternità anticipata.

In particolare l’Ispettorato Nazionale del lavoro precisa che:

il provvedimento emanato dall’Ispettorato entro 7 giorni dalla ricezione della documentazione è il presupposto necessario per l’astensione dal lavoro; ne deriva che l’astensione decorrerà dalla data di adozione del provvedimento stesso.

Gravidanza a rischio, retribuzione: chi paga la maternità e quanto spetta di retribuzione
Nei periodi di astensione obbligatoria, anticipata e posticipata, spetta al dipendente un’indennità a carico dell’INPS a copertura dei periodi di assenza; questi periodi altrimenti sarebbero privi di qualsiasi trattamento economico da parte dell’azienda.

L’indennità di maternità anticipata viene erogata dal datore in busta paga e l’azienda poi la recupera sui contributi da versare all’INPS con modello F24. Vi sono poi dei casi in cui è l’INPS che eroga direttamente l’indennità.

L’indennità è pari all’80% della “Retribuzione media globale giornaliera” (o RMG) moltiplicata per il numero delle giornate indennizzabili comprese nel periodo di assenza. Per calcolare la RMG si prende a riferimento la retribuzione percepita nel periodo di paga quadri-settimanale o mensile scaduto e immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo.

Sono coperte da indennità tutte le giornate ad esclusione di:

  • Festività e domeniche (per gli operai);
  • Festività cadenti di domenica (per gli impiegati).

I CCNL possono prevedere l’obbligo per l’azienda di integrare le somme a carico dell’INPS fino a raggiungere il 100% della retribuzione. Il datore deve altresì corrispondere la retribuzione:

  • per le festività e le domeniche (se trattasi di operai);
  • ovvero le festività cadenti di domenica (per gli impiegati).

Maternità obbligatoria: termini ordinari
La maternità anticipata è un’eccezione rispetto ai termini ordinari dell’astensione. La dipendente deve infatti assentarsi obbligatoriamente dal lavoro nel periodo che intercorre tra:

  • i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (oltre ai giorni che separano la data presunta del parto da quella effettiva in caso di nascita avvenuta oltre il termine) e i 3 mesi successivi al parto.
  • Il conteggio dei 2 mesi precedenti il parto deve avvenire procedendo a ritroso senza considerare la data presunta del parto indicata nel certificato di gravidanza.

Prendiamo il caso di una dipendente la cui data presunta sia il 30 settembre 2019. L’astensione precedente il parto interesserà il periodo 30 luglio – 29 settembre 2019 (compreso).

Flessibilità del congedo di maternità
La lavoratrice può posticipare l’astensione dal lavoro (cosiddetta “flessibilità”) a patto che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale e, se sussiste l’obbligo di sorveglianza sanitaria, il medico competente, attestino che ciò non arrecherà danno alla salute della donna e del nascituro.

L’interessata può chiedere:

  • Di lavorare nel corso dell’8° mese di gravidanza, astenendosi di conseguenza nel mese precedente il parto e nei quattro successivi;
  • Di lavorare anche nel 9° mese di gravidanza, astenendosi nei cinque mesi successivi il parto (ipotesi introdotta da gennaio di quest’anno ad opera della Legge di bilancio 2019).

Maternità ordinaria: domanda
E’ la lavoratrice a dover presentare in via telematica all’INPS domanda di maternità entro i 2 mesi precedenti la data presunta del parto oltre a trasmettere, prima dell’inizio del congedo, il certificato medico di gravidanza.

Inoltre, entro i 30 giorni successivi il parto, la dipendente deve presentare al datore di lavoro il certificato di gravidanza e comunicare all’INPS la data di nascita del figlio e le sue generalità.

Maternità posticipata
Oltre a poter essere anticipata, la maternità può altresì proseguire oltre gli ordinari limiti di legge e spingersi fino a 7 mesi dopo il parto quando:

  • Le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della dipendente;
  • La dipendente è addetta a lavori pericolosi, faticosi o insalubri e non può essere spostata ad altre mansioni.

La proroga può essere disposta dagli Uffici Territoriali dell’Ispettorato Nazionale Lavoro (anche su richiesta della dipendente) in base all’eventuale parere medico dell’ASL e alla verifica sull’effettiva impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni.



Fonte : Lavoro e Diritti