Contratto a termine: il recesso anticipato

13 Dicembre, 2022   |  

I motivi per interrompere un rapporto a tempo determinato: solo la giusta causa può essere alla base delle dimissioni o del licenziamento.
Può succedere che un dipendente con contratto a tempo determinato capisca ad un certo punto del rapporto che il lavoro o l’azienda non sono proprio quello che si aspettava al momento dell’assunzione. Viceversa, può anche capitare che il datore non veda nel dipendente le capacità e la determinazione che cercava e che immaginava in lui quando l’ha scelto. In casi come questi, se non ci sono dei gravi motivi che impediscano la prosecuzione del rapporto di lavoro, converrà attendere la scadenza del contratto e poi non procedere al rinnovo. In presenza di quei gravi motivi, però, è possibile porre fine anzitempo al rapporto con un’azione che chiude il contratto a termine: il recesso anticipato. Due i modi per attuarlo: il dipendente può presentare le dimissioni oppure il datore può provvedere al licenziamento. Vediamo quando e perché.

Recesso anticipato contratto a termine: le dimissioni
Il dipendente con contratto a termine può presentare le dimissioni per il recesso anticipato solo se si verifica una giusta causa che non consente la prosecuzione del rapporto. Si parla, ad esempio, di casi di mobbing, molestie, mancato pagamento della retribuzione, demansionamento, ecc.

In tale ipotesi, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno, determinato in misura pari all’ammontare delle retribuzioni che avrebbe percepito se il contratto avesse avuto la durata prevista, a meno che, nel frattempo, abbia trovato un’altra occupazione. Non è, però, dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso.

Nulla vieta al dipendente di dimettersi senza giusta causa (il caso di chi, come si diceva all’inizio, non si trova bene con il lavoro scelto o con l’azienda in cui opera). Così facendo, però, non avrà diritto ad alcunché, anzi: la giurisprudenza ha stabilito che quando manca la giusta causa si manifesta un palese inadempimento contrattuale. Di conseguenza, sarà il lavoratore a dover risarcire il danno al datore secondo le norme comuni e non nella misura indicata dal Codice civile per il recesso dal contratto a tempo indeterminato: non basterà, infatti, il solo preavviso a compensare il recesso anticipato.

Per quanto riguarda la procedura per la comunicazione del recesso, le dimissioni devono essere formalizzate, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematica, utilizzando i moduli resi disponibili dal ministero del Lavoro e trasmessi al datore di lavoro e all’Ispettorato territoriale del lavoro competente.

La procedura per la trasmissione del modulo per le dimissioni garantisce il riconoscimento certo del soggetto che effettua l’adempimento e una data certa di trasmissione.

Recesso anticipato contratto a termine: il licenziamento
Dal canto suo, il datore di lavoro può procedere al recesso anticipato del contratto a termine tramite il licenziamento del dipendente. Anche in questo caso, però, può farlo solo per giusta causa o per impossibilità sopravvenuta della prestazione se l’evento, pur se prevedibile, non era evitabile. In quest’ultimo caso, però, ci deve essere un interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative.

Possono giustificare un licenziamento per giusta causa motivazioni come:

  • le assenze non giustificate del lavoratore;
  • la falsa malattia e il falso infortunio;
  • la condotta che impedisce una pronta guarigione in caso di «vera» malattia o di infortunio;
  • l’uso improprio di permessi concessi nell’ambito della legge 104;
  • il rifiuto ingiustificato e reiterato del dipendente ad eseguire la prestazione legittima richiesta dal datore;
  • il rifiuto del trasferimento legittimo in altra sede o filiale dell’azienda;
  • la prestazione di lavoro a favore di terzi durante il periodo di malattia;
  • la condotta extralavorativa penalmente rilevante e idonea a far venir meno il vincolo di fiducia;
  • l’accertamento di illeciti a danno dell’azienda;
  • la violazione del patto di non concorrenza;
  • la falsa timbratura.

Non è giustificato il licenziamento per giusta causa per:

  • una grave mancanza del dipendente causata da una mancanza del datore;
  • l’incapacità del lavoratore;
  • il fallimento dell’imprenditore;
  • la cessione dell’azienda;
  • la liquidazione coatta amministrativa dell’imprenditore;
  • l’imperizia tecnica.

In caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore non ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro ma solo al riconoscimento della retribuzione che avrebbe percepito fino alla scadenza del contratto. Da questa somma vanno detratti i proventi che il dipendente ha eventualmente percepito altrove per attività svolte dopo la cessazione o che avrebbe potuto procurarsi con l’ordinaria diligenza.

Al fine di rendere legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente con contratto a termine, il datore deve comunicare, entro cinque giorni, al ministero del Lavoro la cessazione del rapporto.



Fonte : La Legge per Tutti