Evasione contributiva e condanna del datore di lavoro

12 Settembre, 2017   |  

Con sentenza n. 39464 del 28 agosto 2017, la Corte di Cassazione ha sancito che il reato di evasione contributiva si ritiene consumato al momento del superamento del limite di 10.000 euro, calcolati a partire dal mese di gennaio dello stesso anno e non in corrispondenza di ogni versamento mensile come avveniva in passato.

La Suprema Corte ha infatti affermato che “mentre nel precedente assetto normativo il reato si consumava in corrispondenza di ogni omesso versamento mensile, nell’attuale e nuovo la consumazione appare coincidere, secondo una triplice diversa alternativa, o con il superamento, a partire dal mese di gennaio, dell’importo di 10mila euro ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione, o con le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno ovvero, definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell’anno successivo”.

Ricordiamo che l’articolo 3, comma 6 del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, in vigore dal 6 febbraio 2016, ha modificato l’articolo 2, comma 1, del Decreto Legge n. 462/1983, convertito dalle legge n. 638/1983, stabilendo la parziale depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali sulla base di due distinte fattispecie sanzionatorie a carico del datore di lavoro:

– reclusione fino a 3 anni e multa fino a 1.032 euro per omessi versamenti di importo superiore a 10.000 euro annui;

– sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro per le omissioni di importo inferiore alla soglia di 10.000 euro.

La norma citata opera un distinguo in relazione all’importo oggetto di omissione pertanto la violazione assume rilievo penale al superamento del limite di 10.000 euro.

L’INPS, con la circolare n. 121 del 5 luglio 2016, ha riepilogato il quadro normativo in materia fornendo ulteriori istruzioni operative e sottolineando l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative con riguardo alle violazioni commesse in data anteriore al 6 febbraio 2016, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 8 del D. Lgs. n. 8/2016, ossia la retroattività della sanzione amministrativa nei casi in cui il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili.

In merito alla soglia dei 10.000 euro annui che la circolare definisce “discrimine per l’identificazione della fattispecie di illecito penale o amministrativo” l’Istituto specifica che l’arco temporale da considerare è quello che intercorre tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre di ciascun anno, precisando che rientrano nel periodo di definizione della soglia i versamenti dei soggetti UniEmens, quelli in Gestione Separata ed i datori di lavoro agricoli, relativi al periodo di dicembre dell’anno precedente (scadenti il 16 gennaio dell’anno oggetto di calcolo) e quelli attinenti al mese di novembre, in scadenza al 16 dicembre dello stesso anno.

Per le fattispecie omissive di importi superiori all’anzidetto limite di 10.000 euro, la circolare INPS chiarisce che sebbene l’illecito abbia rilevanza penale, bisognerà attendere la conclusione dell’anno di riferimento per poter procedere alla configurazione piena del reato ed alla relativa comunicazione di notizia.

Al datore di lavoro verrà assegnato un termine di 3 mesi per procedere al versamento delle ritenute omesse e la regolarizzazione nei termini costituirà causa di non punibilità, pur dovendosi procedere a denuncia di reato all’Autorità giudiziaria.



Fonte : Leggi di Lavoro