Cos’è e come funziona l’indennità di disponibilità nel contratto a chiamata? Quanto spetta al lavoratore? Ecco cosa dice la legge.
Il contratto di lavoro a chiamata è quel rapporto in cui il lavoratore si rende disponibile a prestare attività su chiamata del datore di lavoro. La normativa (Dlgs. n. 81/2015 articoli dal 13 al 18) ha previsto due distinte tipologie di contratto intermittente:
Contratto a chiamata: regole generali
Per la sue particolarità, il job on call è ammesso in presenza di ipotesi soggettive o oggettive.
Nel primo caso, il contratto può essere stipulato per lo svolgimento di qualsiasi attività ma unicamente con soggetti:
E’ altresì ammesso il ricorso al lavoro intermittente per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo quanto previsto dai contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali). In mancanza di contratto collettivo le esigenze vengono individuate con apposito decreto del Ministero del lavoro. Nelle more dell’emanazione del citato decreto, continuano a valere le disposizioni del D.M. 24 ottobre 2004 che ripropone come attività intermittenti quelle individuate nella tabella allegata al Regio decreto n. 2657 del 6 dicembre 1923. Quali ad esempio:
Massimo 400 giornate di lavoro nell’arco di 3 anni solari
Eccezion fatta per i settori del turismo, pubblici esercizi e spettacolo, il lavoro intermittente è ammesso per un periodo non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In caso di superamento del limite, il rapporto si trasforma in lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Il rapporto può essere a tempo indeterminato o a termine. Nello specifico, il contratto (per il quale è richiesta la forma scritta ai fini della prova) deve indicare:
Come detto, nei casi in cui il dipendente ha l’obbligo contrattuale di rispondere alla chiamata dev’essergli riconosciuta un’apposita indennità, menzionata anche nel contratto di assunzione. Vediamola nel dettaglio.
Indennità di disponibilità nel contratto a chiamata: come funziona
L’indennità di disponibilità viene stabilita direttamente nel contratto di assunzione. Le parti infatti sono libere di stabilire l’obbligo per il dipendente di garantire la propria disponibilità a fronte delle chiamate del datore.
In questi casi, i periodi di non lavoro sono coperti dall’indennità che ristora il dipendente dall’impossibilità di dedicarsi ad altre attività lavorative, stante l’obbligo di rendersi disponibile alle chiamate.
La garanzia di disponibilità rappresenta da un lato un vantaggio per l’azienda che può comunque fare affidamento sulla prestazione del lavoratore in caso di necessità, dall’altro però la stessa deve sobbarcarsi un costo “fisso” rappresentato appunto dall’indennità.
Il dipendente che senza giustificato motivo si rifiuti di rispondere alla chiamata può incorrere nel licenziamento oltre alla restituzione dell’indennità relativa al periodo successivo al diniego.
Indennità di disponibilità: quanto spetta al lavoratore
L’ammontare dell’indennità di disponibilità è stabilito dai contratti collettivi. Non può comunque essere inferiore al 20% della retribuzione mensile (minimo tabellare, indennità di contingenza, EDR, ratei di mensilità aggiuntive) prevista dal CCNL. L’indennità è divisibile in quote orarie.
Per tutto il periodo di non-lavoro, al dipendente spetta la sola indennità di disponibilità.
Leggi l’articolo completo qui
Indennità di disponibilità nel contratto a chiamata: cos’è e come funziona